Tendenza dell’individuo a orientarsi verso centri di interesse e opinioni che non tengono in minimo conto, anzi rifiutano, i punti di vista e gli approcci differenti.
Questo comportamento incrementato dai meccanismi di valorizzazione e di condivisione tipici dei social commerciali. In politica si traduce in valutazione pregiudiziale dell’avversario, di cui vengono sottolineati e colti solo i limiti e gli errori.
Sono stati un lampante esempio di polarizzazione gli articoli che una delle più celebri testate che si occupa di istruzione ha riproposto nel corso dell’estate 2019, con il meccanismo del “meglio di”.
Spesso mal scritti, ancor più spesso banali e banalizzanti, quando non vecchi di più di un anno, avrebbero potuto sembrare una perdita di tempo se non un clamoroso autogol.
E invece avevano un senso: Renzi sì o Renzi no; cinquestelle credibii o bugiardi matricolati; la scuola boccia troppo poco; abbasso le competenze, i progetti, il 68!; stipendi bassi; reintroduciamo il latino; ora e sempre liceo (classico); gli studenti sono aggressivi, i genitori “sindacalisti” dei figli (e qui la superficialità – anche solo lessicale – raggiunge il culmine).
Insieme ad altre amenità del genere, questi temi presentava e presentano un vantaggio: si accumulavano e accumulano letture, anche superficiali, like, commenti, condivisioni; insomma, visibilità “social”.
Spesso i lettori di questo materiali non si accorgono nemmeno della distanza temporale passata dalla prima edizione del pezzo riproposto: preferiscono accanirsi o congratularsi, come i peggior follower della “bestia” della scuola.
[…] che considera il debunking come parte del complotto culturale. Coerente con la pratica discorsiva polarizzata dei social, utilizza il pregiudizio di conferma autoreferenziale, risuonante nelle stanze […]
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[…] sanitario – è filiazione diretta della logica della socialità algocratica, che spinge alla polarizzazione, pratica l’indifferenza radicale, sfrutta le fake news ai fini […]
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