Esproprio digitale

Processo di appropriazione da parte delle piattaforme di sorveglianza dell’esperienza umana: estratta, trasformata in dati comportamentali e poi mercificata, essa diventa materia prima delle macchine previsionali, capaci di descrivere i comportamenti futuri in funzione della pubblicità mirata.

Shoshana Zuboff lo divide in 4 fasi di un ciclo che si ripete:

  • incursione, in cui il capitalista di sorveglianza si impadronisce di una fonte di surplus comportamentale ogni volta nuova;
  • assuefazione, in cui le istituzioni e la società si abituano e rassegnano alla predazione, grazie anche alle manovre dilatorie e al travestimento lessicale messo in atto dal capitalista;
  • accomodamento, in cui il capitalista di sorveglianza smussa gli aspetti più aspri e inaccettabili, in particolare dal punto di vista della riservatezza;
  • reindirizzamento tattico, in cui vengono formulati nuovi obiettivi di presunto progresso e annunciati nuovi benefici e/o messi in atto aggiramenti, come nel caso di Google Glass.

Analoga è la vicenda del pulsante LIKE di Facebook.

Introdotto nel 2010 come strumento di comunicazione per gli amici, era in realtà un mezzo di tracciamento e di esproprio del surplus comportamentale, esteso anche ai non iscritti mediante l’installazione di cookie, come rivelato e analizzato da Arnold Roosendaal, la cui scoperta fu seguita da una fase di smentite e di promesse, finché il pollice alzato divenne un fatto scontato, una delle azioni  tipiche e  delle relazioni stimolanti della comunicazione digitali. Nel 2014, infatti, Facebook annunciè mediante il suo programma generale sulla privacy che il pulsante LIKE era uno degli strumenti di profilazione degli utenti, destinato a costruire un profilo finalizzato alla ricezione di proposte pubblicitarie personalizzata, descritte come servizio aggiuntivo.

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