Secondo James Brindle è una necessità culturale di fondo della nostra epoca:
“l’alfabetizzazione sistemica è un pensiero che si occupa di ciò che non è computabile pur accettando che il mondo è irrevocabilmente modellato e informato dalla computazione”.
L’autore sostiene che questo approccio, che comprende l’incertezza e la consapevolezza di non potere conoscere tutto. è necessario per emanciparsi individualmente e collettivamente dall’idea del soluzionismo, ovvero che il mondo possa e debba essere computato in tutti i suoi aspetti e che ogni problema possa e debba essere risolto ricorrendo al mero calcolo, e dalla “mentalità da alveare dei social media”.
Va compreso e messo in discussione il controllo da parte di “élite senza scrupoli e multinazionali inumane” di strumenti che hanno il potere di modellare e indirizzare l’azione e il pensiero. Vanno ricostruiti intenzioni, scopi, contesti, conseguenze e implicazioni.
La critica radicale ha bisogno di costruire un proprio “metalinguaggio“, in grado di descrivere in modo divergente il mondo costruito dai sistemi tecnologici complessi e capace di ribaltarne le metafore e, più in generale, di denunciare la:
“poca chiarezza con cui [i] sistemi vengono costruiti o descritti, e i sostanziali, globali problemi di disuguaglianza, violenza, populismo e fondamentalismo [che ne conseguono]. Fin troppo spesso le nuove tecnologie ci vengono presentate come intrinsecamente emancipatrici.”