Commercializzazione dei diritti di proprietà intel­lettuale

Fumagalli chiarisce che

“Il dinamismo dell’economia degli Stati Uniti negli anni Novanta nei settori delle tecnologie dell’infor­mazione, della comunicazione e delle biotecnologie e i suoi effetti pervasivi sui settori tradizionali dell’e­conomia, procede di pari passo con la diffusione di nuovi tipi di mercati finanziari specializzati nei diritti di commercializzazione dei diritti di proprietà intel­lettuale (Ipr): in particolare ricordiamo il regolamento Nasd (National Association of Security Dealers) del 1984 che introduce la possibilità di valutare gli intan­gibili (costituiti principalmente da Ipr) come un asset nel bilancio delle imprese; l’istituzione del Nasdaq National Market; la modifica della legge sui fondi pen­sione per consentire un enorme flusso di liquidità alle imprese in deficit, che però può essere compensato dall’elevato potenziale di redditività degli intangibiliIl dinamismo dell’economia degli Stati Uniti negli anni Novanta nei settori delle tecnologie dell’infor­mazione, della comunicazione e delle biotecnologie e i suoi effetti pervasivi sui settori tradizionali dell’e­conomia, procede di pari passo con la diffusione di nuovi tipi di mercati finanziari specializzati nei diritti di commercializzazione dei diritti di proprietà intel­lettuale (Ipr): in particolare ricordiamo il regolamento Nasd (National Association of Security Dealers) del 1984 che introduce la possibilità di valutare gli intan­gibili (costituiti principalmente da Ipr) come un asset nel bilancio delle imprese; l’istituzione del Nasdaq National Market; la modifica della legge sui fondi pen­sione per consentire un enorme flusso di liquidità alle imprese in deficit, che però può essere compensato dall’elevato potenziale di redditività degli intangibili (…)

Negli ultimi qua­ranta anni, il valore di mercato delle società S&P 500 si è fortemente discostato dal loro valore contabile. Que­sto «divario di valore» indica che gli attivi fisici e finan­ziari che si riflettono sul bilancio di un’impresa com­prendono meno del 10% del valore reale dell’impresa media. Una parte significativa di questo valore intan­gibile è rappresentata da una tecnologia brevettata e ciò avviene soprattutto nel periodo 1985-95, il decennio che vede la diffusione pervasiva delle Ict. (…)

La conversione della conoscenza in merce (sotto forma di Ipr commerciabili che garantiscano i futuri affitti) ha creato le condizioni necessarie per l’ingresso del capitale finanziario nello spazio della produzione di conoscenza (…)

Mentre au­mentano gli investimenti nella produzione e nella tra­smissione della conoscenza (istruzione, formazione, R&S, gestione, cioè beni immateriali), si assiste a una significativa riduzione dei costi di codifica, trasmis­sione e acquisizione della conoscenza, grazie alla ge­nerazione e alla diffusione di tecnologie linguistiche e comunicative (Ite, Internet e simili) (…)

Nel capitalismo cognitivo di quegli anni, il valore dei brevetti di una società è un indi­catore unico e lungimirante del valore aziendale. Il valore del brevetto si riflette nel prezzo delle azioni, può essere utilizzato per creare investimenti e, a par­tire dagli anni Novanta, per ottenere finanziamenti dal sistema bancario al fine di migliorare la posizio­ne tecnologica grazie alla strategia di fusioni e acqui­sizioni. Nel passaggio dal capitalismo cognitivo al capita­lismo bio-cognitivo, tale questione non interesserà più solo il periplo dei diritti di proprietà intellettuale e quindi la conoscenza ma l’intera vita umana (…)”

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