Il modello cinese

Afferma Bell:

Modello Cina è un’espressione impiegata spesso per descrivere l’approccio della Cina allo sviluppo economico e alla governance dall’era delle riforme avviate alla fine degli anni Settanta del secolo scorso. (…) in generale rimanda all’(…)instaurazione di un capitalismo di libero mercato sotto l’ombrello di uno Stato autoritario [e] a un solo partito che sopra ogni altra cosa pone la sua enfasi sulla stabilità politica. (…)
Ma cercare di comprendere la Cina contemporanea da queste due caratteristiche è altamente fuorviante. È vero che la Cina ha abbracciato nel suo modello economico aspetti dell’economia del libero mercato, nel quale forza lavoro, capitale e beni fluiscono sempre più liberamente. Ma lo Stato mantiene il controllo definitivo nei settori strategici dell’economia e in un’ampia gamma di industrie cruciali, compresi i servizi pubblici, i trasporti, le telecomunicazioni, la finanza e i media.
A essere più precisi, la Repubblica popolare della Cina ha un’economia mista con un sistema imprenditoriale a tre livelli composto da: grandi aziende centrali di governo; società ibride locali e straniere; e un capitalismo su piccola scala.

Ugualmente fuorviante è l’assunto che la caratteristica politica chiave del modello Cina sia un governo autoritario oppressivo. È vero che il governo cinese spende moltissimo per l’apparato della sicurezza per preservare la stabilità sociale e ricorre a misure dure per reprimere minacce percepite al governo di un solo partito. Come è vero che il PCC è il motore della riforma politica e non adotterà riforme che possano portare alla scomparsa del partito.
Ma è altrettanto vero anche che l’era delle riforme è stata caratterizzata da un approccio in evoluzione alla governance politica attuato su tre fronti (…)[:] democrazia in basso, sperimentazione al centro e meritocrazia ai vertici
(…) la meritocrazia democratica verticale (…) [è] un modo politicamente realistico e moralmente desiderabile per coniugare meritocrazia politica e democrazia. Ma la meritocrazia democratica verticale in stile cinese (il “modello Cina”) prevede anche un cardine intermedio di sperimentazione tra il governo locale e quello centrale. (…)
Il primo cardine del modello Cina è la democrazia in basso. (…) Un grande passo in avanti ci fu quando nella nuova costituzione adottata nel 1982 venne inserita una clausola che definiva il comitato di villaggio e il comitato dei residenti come organizzazioni di governo autonomo delle masse, rispettivamente nelle aree rurali e urbane, specificando la disposizione che i funzionari dovessero essere scelti attraverso elezioni. (…) Nel 1987, fu adottata dal Comitato permanente dell’Assemblea nazionale del popolo una “legge provvisoria” sui comitati di villaggio, e nei successivi dieci anni se ne formarono più di ottocentomila. Nel 1998, una nuova legge nazionale consolidava le varie pratiche del precedente decennio e specificava le condizioni per elezioni libere ed eque dei comitati di villaggio: un comitato composto tra i tre e i sette membri (a seconda delle dimensioni del villaggio) avrebbe avuto un mandato di tre anni; i membri avrebbero dovuto essere eletti direttamente dagli abitanti del villaggio di età superiore ai diciotto anni; le candidature avrebbero dovuto essere fatte direttamente dagli elettori registrati e le elezioni essere competitive (il numero di candidati avrebbe dovuto superare quello dei ruoli da ricoprire); sarebbe stato utilizzato il sistema di voto a scrutinio segreto; e la legge specificava un meccanismo per destituire i membri del comitato di villaggio in caso di trasgressioni. Nel 1996, si sono svolte elezioni in ciascuna provincia, con affluenza in generale alta (in molti posti superiore al 90 per cento), e le indagini e le rilevazioni dirette da parte degli osservatori internazionali hanno rilevato che la gestione delle elezioni (comprese le procedure per le candidature, la competitività e lo scrutinio segreto) è migliorata con il tempo (…) la democrazia a livello locale è forse l’ambito più studiato della riforma politica cinese negli ultimi vent’anni, e decisamente il cardine che ha ricevuto la maggiore attenzione internazionale. L’iniziale entusiasmo da parte di alcuni osservatori della Cina, secondo i quali le elezioni di villaggio avrebbero spianato la strada nel paese verso una trasformazione democratica in stile occidentale, si è da allora tramutato in una valutazione più sobria della realtà – il potere di leader eletti è controllato dai comitati di villaggio e dai governi cittadini, e il PCC non ha intenzione di espandere un sistema elettorale a suffragio universale fino ai vertici – ma come vedremo, la tendenza generale è che le elezioni locali sono divenute più libere ed eque. (…)
la sperimentazione tra livello locale e quello centrale di governo: (…) [consiste nel fatto che] il governo centrale controlla quali politiche funzionano al livello sub centrale prima di diffonderle in tutto il paese. (…) i decisori politici a livello centrale incoraggiano i funzionari locali a provare nuovi modi di risolvere un problema e poi ritrasmetteno le esperienze locali nella formulazione delle politiche nazionali è stata condotta in modo sistematico dal PCC sin dagli albori della sua storia. Ma l’idea che sia necessaria una sperimentazione locale per individuare nuove soluzioni politiche non deve nulla all’ideologia marxista-leninista. Piuttosto, i leader del PCC sono stati influenzati dagli appelli di John Dewey di sperimentazione sociale e “imparare facendo”, oltre a precedenti idee confuciane sull’insegnamento attraverso l’esempio e l’apprendimento attraverso ruoli modello. Il PCC non è stato l’unico: anche il KMT e il pensatore confuciano Liang Shuming introdussero esperimenti di riforma rurale nell’era repubblicana. Ma il PCC ha legato la sperimentazione all’idea che sia un forte potere centrale a dover decidere che cosa funziona e che cosa no. La sperimentazione a livello locale era anche motivata dalla necessità: il PCC non aveva numeri sufficienti di quadri rurali ben formati da inviare nelle centinaia di migliaia di villaggi e gli mancava la capacità di attuare politiche standardizzate. Perciò, il processo rivoluzionario doveva essere guidato da aree base sparse, e nel contesto degli esperimenti di riforma agraria nelle aree base comuniste si sviluppò un modo elaborato di sperimentazione di politiche locali a guida centrale. (…) La politica della sperimentazione con alternative di politiche sub centrali – quel che Sebastian Hellman definisce “sperimentazione sotto gerarchia”12 – tornò in auge nell’era delle riforme post-Mao. Deng Xiaoping ridefinì la missione principale del PCC il raggiungimento di una rapida crescita economica e non del comunismo, e il PCC riattivò un repertorio di sperimentazioni politiche tese a quello scopo. La sperimentazione assunse varie forme, quella più famosa a livello internazionale fu la Shenzhen Special Economic Zone, che metteva alla prova politiche controverse come le aste fondiarie, le società interamente di proprietà straniera, e la liberalizzazione del mercato della forza lavoro, poi applicate al resto della Cina. I vantaggi della “sperimentazione sotto gerarchia” sono chiari – il PCC può avviare riforme di mercato con test iniziali in aree sensibili, rilevare problemi non previsti e operare aggiustamenti prima di diffonderle all’intero paese, e l’economia può svilupparsi senza grandi conflitti ideologici e sociali – ma la continua crescita economica degli ultimi trent’anni ha fatto emergere sfide di governance sempre più complesse, dalla disuguaglianza alle crescenti esigenze di sicurezza sociale, fino all’inquinamento e alla corruzione. In reazione a ciò, la gamma di innovazioni politiche sperimentate prima ai livelli sub centrali si è espansa oltre la sfera economica fino all’ambito amministrativo, sociale e politico (…) se vogliamo spiegare l’adattabilità della Cina e il suo successo negli ultimi trent’anni è cruciale parlare della sperimentazione di diverse forme di riforme economiche, sociali e politiche tra il livello locale e quello centrale di governo, che indaghi anche come scegliere e promuovere al meglio i funzionari. Contrariamente all’esperienza di altri paesi (…) la sperimentazione in stile cinese è riuscita a trasformare molti progetti pilota in programmi operativi pieni che ricoprono un ampio spettro di politiche, dalla regulation economica alle riforme organizzative all’interno del Partito comunista. (…)
La meritocrazia politica ha una lunga storia nel paese (…) Alla fine degli anni Settanta, il governo stabilì un sistema competitivo e nazionale di esami d’ingresso all’università, e il primo passo per gran parte dei funzionari è quello di essere ammessi all’università. Poi si deve essere ammessi al partito – gli studenti competono strenuamente per entrare a farne parte, e di solito il partito sceglie studenti con eccellenti risultati accademici e qualità di leadership, provenienti preferibilmente dalle università più importanti. All’inizio degli anni Novanta, il governo stabilì poi esami ultra competitivi a livello nazionale per il pubblico impiego (compresi test scritti e orali), e oggi gran parte degli aspiranti funzionari devono passarli dopo la laurea universitaria.
Per un ruolo nel sistema di governo si considera maggiormente la competenza tecnica rispetto alle posizioni nella gerarchia del PCC, ma non vi sono percorsi separati per i funzionari pubblici professionisti e i funzionari politici, e ai candidati di successo vengono assegnati ruoli a seconda del loro livello di istruzione e di esperienza.
La disposizione più importante per la gestione dei quadri sopra il livello contea/divisione (xianchu ji) sono contenute nel “Regolamento per la selezione e la nomina dei principali quadri di partito e del governo” redatto nel 2002 dal Dipartimento dell’Organizzazione del PCC. Vi sono requisiti di istruzione ed esperienza per la nomina e la promozione in ruoli politici (…) Una volta all’anno, il Dipartimento dell’Organizzazione rivede i dati quantitativi delle prestazioni di ciascun funzionario dei gradi più alti, svolge interviste con i superiori, i pari grado e i subordinati, sottopone a controllo la condotta personale dei funzionari, e utilizza indagini della pubblica opinione per valutare la soddisfazione o insoddisfazione generale del pubblico rispetto alla specifica prestazione del funzionario.32 I comitati allora discutono i dati e promuovono i vincitori. Per arrivare ai vertici, i funzionari di partito in genere devono partire dalla leadership in un incarico di primo livello, essere successivamente promossi a quello di città, una divisione di contea, un bureau di dipartimento, e al livello della provincia/ministero. (…) Nel corso di questo processo, i funzionari vengono in genere fatti ruotare nel servizio civile, le imprese di proprietà dello Stato, e organizzazioni sociali affiliate al governo come le università e gruppi costituiti dalle comunità, oltre a prestare servizio in diverse parti del paese. I migliori candidati vengono inviati a svolgere un ulteriore addestramento in scuole di partito e amministrative in Cina, e molti funzionari promettenti vengono inviati alle migliori università all’estero per imparare le migliori pratiche amministrative nel mondo. Su sette milioni di quadri, soltanto uno su 140.000 arriva al livello della provincia/ministero.  Un selezionato gruppo sale i ranghi e arriva al Comitato centrale del partito e poi al Politburo composto da venticinque membri. I vertici del potere politico – Il comitato permanente del Politburo – devono di norma aver prestato servizio come governatori o segretari di partito di due provincie, ciascuna delle dimensioni e con popolazione pari a gran parte dei paesi. In breve, i massimi leader devono aver superato una batteria di test di merito e accumulato decenni di varie esperienze amministrative. (…)
I tre cardini del modello Cina individuano diversi modi di selezionare e promuovere i leader a diversi livelli di governo, ma vi è una sovrapposizione tra [di essi] (oltre al fatto che è stato il PCC a concepire e attuare l’intero sistema). (…)
più basso è il livello di governo, più democratico il sistema politico; vi è maggiore probabilità che la sperimentazione avvenga tra il livello inferiore e quello superiore di governo, compresi esperimenti di pratiche e istituzioni del tutto nuove; e più alto è il livello di governo, più meritocratico sarà il sistema politico.

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