Curcio propone questa metafora per definire il disposivo digitale predisposto dalla macchina del capitalismo cibernetico per accogliere le persone umane, accrescendo – in un processo di ibridazione –
anche qualitativamente la complessità della nostra esperienza e della nostra percezione del mondo (…) affiancando alle consuete identità di relazione istituite durante i processi di socializzazione dai nostri corpi, altre protesi identitarie che espandono la proiezione [nella] metà-società artificali