Descrivere le tecnologie digitali come prodotti sociali e svelarne le ambiguità in modo emancipato e con scopo emancipante è dovere politico-culturale di una critica radicale della "platform society", capace di decostruire mediante cortocircuiti concettuali l'inganno tecno-liberista della "società della conoscenza sorvegliata".
Così è stata definita dal capo del team di lavoro la logica con cui fu costruito Watson:
Anziché tentare di creare un insieme monolitico di regole per analizzare i dati,[abbiamo scelto di concepire e impiegare]molti algoritmi più semplici che potevano essere aggiunti, messi insieme o combinati a seconda del compito che Watson doveva svolgere. Realizzarono un programma analitico per ponderare e valutare le evidenze e le conclusioni, a prescindere dall’ambito. E fecero in modo che gli esperti in determinati settori contribuissero al programma con le loro conoscenze. (John E. Kelly – Steve Hamm, “Macchine intelligenti. Watson e l’era del cognitive computing”, Egea)