Approccio difensivo ai dispositivi digitali

Gallino propone questa riflessione a proposito di chi avversa la tecnologia in genere, ma, trasferito nel campo dei dispositivi digitali, la critica della “modalità difensiva” è molto utile per ragionare dei confini che i fautori della media education si autoimpongono e della conseguente e impotente illusorietà:

[] è noto che la ragione tecnologica non ama discutere di fini. Dopotutto essa è figlia d’una concezione scientifica della realtà, divenuta dominante nel corso del XX secolo, la quale prevede che l’individuazione dei fini della ricerca come delle sue applicazioni debba venir lasciata ad altri soggetti. In sé, al pari della scienza, la tecnologia è neutra, essa dice: un’asserzione il cui contenuto informativo non va molto al di là del sottintendere che qualora un computer portatile venga usato come corpo contundente, il suo progettista non poteva prevederlo. Simile paradigma esercita una tal presa sull’inconscio collettivo che ha finito per estendersi anche ai critici, e perfino agli avversari della tecnologia. Infatti essi guardano in prevalenza non ai fini, bensì ai pericoli di questa. Pericoli quali il sovraccarico della biosfera causato dalla produzione di energia e dal modo industriale di produrre; l’inquinamento dell’eredità genetica e la riduzione della biodiversità, che potrebbero derivare dallo sviluppo delle biotecnologie; la desertificazione atomica, ovvero l’inverno nucleare; come pure la distruzione di contesti e identità socioculturali indotta dalle tecnologie della comunicazione e dalla Hollywood-cultura. Senza dubbio l’analisi dei pericoli della tecnologia, denominati rischi una volta che sian stati ponderati in termini di magnitudo degli effetti e probabilità dell’evento, pertiene all’ambito della valutazione tecnologica. E la valutazione è un elemento necessario dell’azione di governo. Ma quando si accentri unicamente sui pericoli, essa assume l’abito e la funzione di un’operazione eminentemente difensiva; una che punta a frenare e a mettere in guardia, a giudicare l’accaduto o a ridurre la probabilità che qualcosa accada, a porre limiti e a stabilire vincoli ai movimenti della tecnologia. Ammettiamo pure che a fronte dei poteri smisurati che la tecnologia ha assunto sulla natura e sull’uomo, tale modalità difensiva risulti indispensabile. Ma accanto e anzi sovrapposta a essa, noi vorremmo vedere all’opera una modalità creativa di operare, capace di aprire spazi e di proporre sfide all’immaginazione tecnologica, di indicarle mete originali, di segnalarle strade scarsamente battute. (L. Gallino, “Tecnologie e democrazia. Conoscenze tecniche e scientifiche come beni pubblici”, Einaudi)