Sapere scientifico come costruzione sociale

Gallino auspicava che

(…) scienziati (…) [e] policymaker (…) adottassero, in luogo del tradizionale modello separante le opzioni di valore dalle opzioni cognitive, un modello del sapere scientifico come costruzione sociale emergente dall’interazione di differenti soggetti, nel corso della quale processi cognitivi e processi valutativi vengono di proposito strettamente intrecciati con modalità metodicamente controllate. Qualcosa di simile avviene in effetti nei laboratori e nei centri di ricerca, dove i segni prodotti dagli strumenti sono interpretati, e ricevono un significato provvisoriamente definitivo, non già da azioni cognitive indipendenti di singoli attori, ma bensì attraverso reiterate interazioni sociodiscorsive e sociocognitive tra i ricercatori. Tali particolari forme di interazione sociale consentono di «ispessire» i processi di fabbricazione della conoscenza sino a trasformare i segni indeterminati generati dalla strumentazione tecnologica del laboratorio in simboli atti a essere inseriti in modelli di base, in modelli compositi e infine in teorie. (L. Gallino, “Tecnologie e democrazia. Conoscenze tecniche e scientifiche come beni pubblici”, Einaudi)