BPG, condizionato

Afferma Gallino,

tanto la natura di «bene» della conoscenza, quanto la sua «pubblicità» e «globalità», non sono proprietà delle quali si possa semplicemente postulare l’esistenza per definizione. Esse debbono essere oggetto di una complessa costruzione sociale, fondata su decisioni sociali e politiche e su opzioni etiche non meno che su valutazioni economiche e tecnologiche. (…) Nel contesto della società delle reti, tutti gli elementi che concorrono a definire la conoscenza come BPG sono stati radicalmente modificati da diversi fattori, e ancor più lo saranno nel vicino futuro. A partire dall’onnipresenza delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (…), ma non senza il massiccio concorso di fattori economici e culturali. La situazione attuale può essere sintetizzata in questi termini: la costruzione della conoscenza come BPG quasi perfetto, resa possibile dalle TIC, si scontra con poteri economici, teorie economiche, opzioni politiche e modelli culturali che nell’insieme premono per fare di essa un bene privato piuttosto che pubblico, per di più non globale bensì transnazionale. Infatti il predicato «globale», conforme all’accezione qui impiegata, presuppone l’assenza di frontiere, quindi libertà e gratuità di movimento della conoscenza. Per contro la transnazionalità implica l’esistenza di frontiere nettamente tracciate, che è possibile attraversare a condizione di pagare qualche forma di tariffa doganale. (L. Gallino, “Tecnologie e democrazia. Conoscenze tecniche e scientifiche come beni pubblici”, Einaudi)