Gallino proponeva un modello molto diverso da quelli attuali, che vedono il pullulare degli insegnanti imprenditori, di quelli Instagram, dell’opportunismo emergenziale e del sensazionalismo didattico, fondato spesso sulla speculazione lessicale:
(…) per la produzione, scelta, certificazione, distribuzione di conoscenza come BPG [si potrebbe] riprendere (…) l’eso-volontariato (e-Volunteering) [che] potrebbe interessare [un] buon numero di insegnanti desiderosi di impiegare a fini didattici le risorse culturali del web. I quali però non dispongono né disporranno mai dei fondi e delle risorse professionali necessarie per costruire anche un solo corso multimediale di qualità certificata da erogare on line, in presenza e a distanza. Un singolo insegnante della materia X non troverà mai né il tempo nè le risorse economiche per sviluppare un simile corso; tuttavia mille insegnanti della stessa materia che dedicassero a tale compito, in modo cooperativo, alcune dozzine di ore ciascuno, potrebbero svilupparne non uno ma dieci. Le regole della cooperazione dovrebbero essere analoghe a quelle del software libero. Ciascuno apporta alla struttura a mosaico del corso alcuni tasselli di conoscenza, o anche interi sottoinsiemi, assumendosi la responsabilità di certificarne la qualità e originalità, sia che li abbia prodotti lui o lei stessa, sia che li abbia selezionati dalla rete. Ciascuno acquisisce il diritto di utilizzare gratuitamente il corso per proprio conto in base al contributo che ha fornito, ed è libero di aggiungere tasselli o sottoinsiemi personali alla versione che utilizza. Nessuno ha però il diritto di fare un uso commerciale del corso prodotto cooperativamente. Tutte le versioni del corso sono utilizzabili gratuitamente dagli studenti, che a loro volta possono venire coinvolti nelle ricorrenti operazioni di verifica, correzioni, manutenzione, arricchimento del corso stesso. Allo scopo di lanciare una simile attività, di predisporne l’infrastruttura per la connettività globale e i database a griglia, infine per assicurarne il coordinamento, è necessaria la presenza di una organizzazione centrale, sia essa costituita da un consorzio di atenei, o da alleanze tra direzioni regionali della scuola, enti strumentali pubblici (…), enti locali, con il sostegno di una o più fondazioni. L’onere finanziario complessivo che tale organizzazione dovrebbe sopportare sarebbe senza dubbio ragguardevole. Esso sarebbe tuttavia solamente una frazione del valore aggiunto formato dalle risorse economiche, tecnologiche e umane che verrebbero attivate, con la formula dell’e-volontariato, che potremmo anche chiamare della formazione open source, per produrre e distribuire forme di conoscenza come un BPG pressoché perfetto. Saremmo in presenza di una formula associativa e collaborativa suscettibile di venir agevolmente estesa ad altri campi di attività, in primo luogo la ricerca scientifica. In effetti sono ormai numerosi gli ambiti di ricerca in cui si cominciano a praticare con successo forme di open source science, una scienza i cui esiti sono collettivamente prodotti e liberamente accessibili a tutti: in conformità all’idea che essa dovrebbe diventare, o per dire meglio – se si pone mente alla sua storia – ritornare a essere, un bene pubblico globale. (L. Gallino, “Tecnologie e democrazia. Conoscenze tecniche e scientifiche come beni pubblici”, Einaudi)