Descrivere le tecnologie digitali come prodotti sociali e svelarne le ambiguità in modo emancipato e con scopo emancipante è dovere politico-culturale di una critica radicale della "platform society", capace di decostruire mediante cortocircuiti concettuali l'inganno tecno-liberista della "società della conoscenza sorvegliata".
L’attenzione scarseggia e tende ad essere imitativa
Terranova è molto chiara:
Nelle teorie dell’economia dell’attenzione, l’attenzione è prima di tutto una risorsa scarsa, che è ciò che consente a Internet di tornare a essere un mezzo economico, cioè un mezzo a cui possono essere nuovamente applicati tutti gli assiomi dell’economia di mercato. La scarsità è la condizione che può dar vita a una vera e propria economia, l’«economia dell’attenzione». L’attenzione è una risorsa scarsa perché “la somma totale dell’attenzione umana è necessariamente limitata e quindi scarsa”. (…) Secondo i teorici dell’economia dell’attenzione, poiché è sia sia scarsa sia misurabile, l’attenzione può diventare non semplicemente una merce come le altre, ma una sorta di capitale. La qualità astratta dell’attenzione e allo stesso tempo il fatto che gli “assemblaggi attenzionali” dei media digitali consentono forme automatizzate di misurazione (come “clic”, “download”, “mi piace”, “visualizzazione”, “follower” e “condivisioni” di oggetti digitali) la aprono alla commercializzazione e alla finanziarizzazione (dal valore fluttuante delle società Internet all’accumulo di capitale di celebrità attraverso un numero di follower su Twitter al valore variabile dei “clic” calcolato da Google” s software AdSense e AdWords).Nasce così un’intera nuova industria dell’elaborazione dei dati e dell’estrazione mineraria sulla base delle quantità sociali raccolte che riflettono letteralmente la distribuzione sociale e l’intensità dell’attenzione. (…) All’interno delle attuali discussioni sulle implicazioni economiche dei cambiamenti nelle tecnologie dell’attenzione, quest’ultima è vista non solo come “scarsa” perché limitata, ma anche come sempre più “degradata”. (…) Citando la ricerca di neuroscienziati sull’esposizione sperimentale a nuovi oggetti multimediali, Carr sostiene che tale esposizione ricollega i percorsi neurali all’interno del cervello individuale. I media digitali ricollegano il cervello, poiché attività come il multitasking e la lettura di testi con collegamenti ipertestuali produrrebbero, sia negli utenti di Internet esperti che in quelli nuovi, uno spostamento dell’attività neuronale dall’ippocampo (dove i neuroscienziati di solito individuano attività come ragionamento mirato e lunghi memoria a termine) alla corteccia prefrontale (che sarebbe occupata da compiti meccanici e memoria a breve termine). Si dice quindi che l’esposizione ai media digitali rimodelli diversi tipi di memoria all’interno del cervello individuale, rendendo gli individui più veloci nello svolgimento di compiti di routine, ma allo stesso tempo meno efficienti nel modo in cui svolgono tali compiti e più deboli nella comprensione e nella comprensione più profonde. (…) le affermazioni sull’economia dell’attenzione e sulla crisi dell’attenzione indicano la riconfigurazione delle capacità attentive del soggetto secondo modalità che costituiscono l’attenzione allo stesso tempo come una risorsa scarsa e quindi preziosa , producendo anche un impoverimento soggetto . Il cervello fornisce la scarsa risorsa che consente la normalizzazione dell’economia digitale, subendo anche un impoverimento delle sue capacità cognitive. (…) Il soggetto economico dell’attenzione così come viene disegnato dalle teorie dell’economia dell’attenzione esprime anche un’altra sfida, questa volta prodotta non solo dall’esposizione individuale alle tecnologie dei nuovi media, ma anche dalla tecnosocialità del cervello connesso (…) Prestare attenzione a ciò che fanno gli altri sulle piattaforme social in rete innesca potenziali processi di imitazione attraverso i quali la cultura della rete produce e riproduce se stessa. Il cervello mobilitato dalle teorie dell’economia dell’attenzione in un ambiente di comunicazione reticolata è misurabilmente sociale. Partecipare agli assemblaggi attenzionali dei media digitali implica entrare a far parte di processi tecnosociali in cui prestare attenzione innesca risposte di imitazione che si spostano tra la forma virtuale di un’impressione passeggera e la forma reale di atti come leggere e scrivere, guardare e ascoltare, copiare e incollare , scaricare e caricare, esprimere gradimento, condividere, seguire e collocare nei propri segnalibri. (T. Terranova, “After the Internet. Digital Networks Between Capital and the Common”, Semiotext(e) – traduzione in proprio)