Videogame e agentività sociale

L’interazione tra esseri umani e dispositivi digitali è il focus dei videogiochi. Per questa ragioni sono stati banco di prova per la comunicazione artificiale e l’inganno benevolo Determinano infatti spazi sociali complessi di rapporto con gli agenti computazionali.

Natale ci fa osservare che:

(…) i videogiochi raramente fanno uso dello stesso tipo di programmi di conversazione che fanno funzionare Eliza e gli altri chatbot. Di solito si basano invece su una tecnica di programmazione semplice ma a quel che pare molto efficace, almeno nelle situazioni di gioco: gli alberi di dialogo. (…) Configurando la conversazione come una struttura gerarchica formata da scelte discrete, gli alberi di dialogo riprendono di fatto la logica della programmazione: equivalgono agli alberi di decisione, un modo comune per visualizzare algoritmi informatici costituiti da scelte basate su condizioni. (…) Gli alberi di dialogo, in altre parole, parlano il linguaggio della programmazione dei computer, la cui espressione non si limita a trasmettere un significato, ma fa anche verificare azioni che hanno conseguenze reali nel mondo materiale. Ciò rientra in una teoria di vecchia data nell’informatica, secondo cui il linguaggio naturale, quando impiegato per eseguire attività su un computer, si può considerare come una forma di linguaggio di programmazione di altissimo livello. Sebbene questa idea sia stata criticata in modo ragionevole dai linguisti, l’equivalenza tra linguaggio naturale e linguaggio di programmazione vale per casi come gli alberi di dialogo, in cui l’utente non ha bisogno di padroneggiare la programmazione ma usa semplicemente il linguaggio quotidiano come strumento per interagire con i computer (S. Natale, “Macchine ingannevoli. Comunicazione, tecnologia, intelligenza artificiale”)