Il vecchiogiovane

Afferma Mantellini:

A chi diventa anziano su internet – a me per esempio – a un certo punto verrà proposto di trasformarsi in un vecchiogiovane. Per la verità nessuno glielo domanderà sul serio, semplicemente costui si troverà, quasi senza accorgersene, dentro un ambiente nel quale la dominante culturale sarà unica e senza alternative. Il flusso ininterrotto delle cose che ascolterà e di quelle che vorrà condividere, gli argomenti, i temi sociali e politici, i film e le serie tv, i libri e gli articoli letti, saranno gli stessi per lui e per tutti. Un paradosso, visto che la rete era nata in forma di infinite, piccole nicchie connesse. E questo accadrà non per una ragione tecnologica ma, piú probabilmente, per una naturale tendenza umana. Le architetture digitali, in ogni caso, vibreranno assieme come un solo diapason. Vorremo essere come gli altri, desidereremo soprattutto essere innovativi e giovani, perché solo il giovane è la faccia presentabile dell’innovazione la quale, nel momento in cui si rivolge ad altre età, perde la sua componente fondamentale di freschezza e rottura degli schemi. (…) La sua caratteristica intima piú rilevante è l’incertezza di sé. Il vecchiogiovane vive l’eccitazione della scoperta di un mondo nuovo e il contemporaneo timore di essere riconosciuto. Teme di non essere all’altezza, di non saper argomentare bene i propri sentimenti o di essere costretto a difenderli dagli attacchi di chi si renderà conto delle sue difficoltà a interpretare il mondo: un mondo che nel frattempo è cambiato e che lui fatica a riconoscere. Nel vecchiogiovane la cultura e l’esperienza pregressa, quella di cui è padrone, conterà meno di quanto lui avrebbe sperato: molto piú utile sarà sapersi adattare, annusare l’aria, in qualche misura sapersi mimetizzare. Il vecchiogiovane invidia e compatisce l’ingenuità dei giovani, vede quello che lui era e ora non è piú, un po’ lo rimpiange e per il resto, piú o meno sottovoce, lo critica. E in questa ambivalenza nasce il momento di crisi che, nelle reti digitali, cosí stipate di conversazioni e accelerazioni improvvise e per questo tanto differenti dall’ecosistema precedente, prima o poi originerà il conflitto. (…) Che si tratti di un device digitale con il quale prova ad impratichirsi o di una discussione sull’ultima stagione della serie tv appena uscita, il rischio per lui sarà sempre quello di essere smascherato o, talvolta, il desiderio prepotente di esserlo. La rivendicazione plateale di come si è, della propria anzianità, sarà poi abiurata e rapidamente ricacciata indietro, perché nella grande maggioranza dei casi essere vecchiogiovane è l’unica maniera possibile per dimostrarsi vivi ed attivi dentro la crudeltà delle reti digitali. (M. Mantellini, “Invecchiare al tempo della rete”, Einaudi)

L’analisi “buca lo schermo”, ma dimentica/ignora che quanto descritto avviene perché lo scenario forzatamente adattivo è concepito come il solo possibile e condivisibile, fondato sul tecno-abilismo. quando vi sono invece – anche se minoritari – approcci e visioni più rispettose delle diversità, comprese quelle legate all’età biologica.