Alienazione cibernetica predisposta

Si è creata la predisposizione dentro ciascuno di noi affinché entrassimo in maniera inconsapevole e graduale dentro [un processo di alienazione cibernetica,] (…) attraverso processi di socializzazione e di gamificazione, attraverso qualcosa che stimola il bisogno primario di socialità in (…) modalità artificiale. [La promozione della connessione permanente alla nuova normalità] ci fa smarrire nel contesto. [Questo] significa perdere la propria soggettività, la propria differenza, la propria autonomia, la propria libertà. [Ogni cittadino] rilascia con la sua attività quote crescenti di dati che, attraverso la connessione della rete, afferiscono sia ai server prossimali dei circuiti (…) in cui è impegnato, sia ai metaserver globali degli strumenti digitali che utilizza-provider, Google, posta elettronica, piattaforma, ecc. – istituendosi come un potere estraneo, una ragnatela individualizzata di dati, esterna e a lui estranea, come una tormenta cibernetica che lo sovrasta, sempre pronta ad abbattersi e ad abbattersi ancora come un’entità aliena al servizio dell’oligarchia proprietaria che tira i fili della sua gestione. Irrimediabilmente personalizzate e nello stesso tempo transumanizzante, l’alienazione cibernetica si abbatte su (…) [ciascuno] con un’identità straniante evocata dalla sua stessa attività. Entità, proprio per queste sue caratteristiche, altamente mimetica, che, succhiando le sue stesse energie alimenta il potere ostile del capitalismo planetario e impietosamente lo inchioda alla sua personale responsabilità collaborativa nella definizione dello Stato presente nelle cose. Lo stato di cose presenti, vale a dire la deriva antropologica che genera il nostro attuale malessere, è quello che noi stessi in prima persona generiam. L’anima del capitalismo non aleggia sopra o sotto di noi ma dentro le nostre stesse azioni. Qui sta il nodo dei feroci processi di alienazione personale collettiva entro cui ci dibattiamo. (…)Nel capitalismo cibernetico (…) i processi entro cui le attività umane si svolgono sono quelli dell’ibridazione connettiva crescente che, certo, deumanizzano (…), ma non nel verso dell’animalità, bensì, piuttosto in quello dell artificialità tecnica assunta come nuovo orizzonte della specie. C’è qui insomma un indirizzo del lavoro che esige, pretende, una progressiva implementazione dei lavoratori con i dispositivi tecno-cibernetici e con i sistemi di connessione; Una loro assimilazione operativa con la stessa ragione algoritmica che al loro interno li muove (R. Curcio [a cura di], “Dietro il mito dell’informatica. Socioanalisi narrativa del lavoro nelle aziende di tecnologia dell’informazione e della comunicazione”, Sensibili alle foglie)