Descrivere le tecnologie digitali come prodotti sociali e svelarne le ambiguità in modo emancipato e con scopo emancipante è dovere politico-culturale di una critica radicale della "platform society", capace di decostruire mediante cortocircuiti concettuali l'inganno tecno-liberista della "società della conoscenza sorvegliata".
L’acuta considerazione di Gallina che riportiamo di seguito ha a nostro giudizio un valore ben più generale del solo riferimento alla protoarte robotica. Certamente vale per molta della cosiddetta “didattica digitale”, con particolare e recente riferimento all’uso dei chatbot di conversazione.
esistono diversi centri di ricerca nei quali studenti e ricercatori accettano la sfida di dipingere con i robot. Ma si tratta quasi sempre di casi in cui il baricentro della conoscenza è spostato verso una tensione creativa che non esce dall’ambito scientifico; l’obiettivo principale è evidenziare i “muscoli della tecnologia”. Dipingere è un pretesto, un “test case” – termine spesso impiegato in robotica per indicare uno dei tanti obiettivi che la disciplina si prefigge e non l’obiettivo ultimo. (P. Gallina, “La protoarte dei robot. Quando l’arte, la robotica e l’intelligenza artificiale si intrecciano”)