Macchine sociali e WEB

Cristianini afferma:

Una macchina è un sistema formato da diverse parti interagenti, ciascuna con una diversa funzione, che insieme eseguono un compito particolare. Le macchine possono essere fatte di parti meccaniche, elettriche, idrauliche, perfino chimiche e biologiche. Una vecchia macchina fotografica ha componenti ottiche e chimiche, un mulino a vento ha componenti idrauliche e meccaniche, e un impianto di fermentazione per produrre biocombustibili include anche elementi biologici. Perché non dovrebbe avere anche componenti umane? (…) Chiamiamo «macchina sociale» ogni sistema che includa esseri umani, in cui ciascuno esegue compiti ristretti e ben definiti e la cui interazione è mediata e vincolata da un’infrastruttura rigida. Oggi tale infrastruttura è tipicamente digitale, ma non è necessario che sia sempre così: una burocrazia fisica che comunica mediante moduli standardizzati, o una catena di montaggio mobile, possono essere entrambe considerate macchine sociali, in cui i partecipanti umani non hanno bisogno di essere consapevoli degli obiettivi complessivi del sistema, perché gli si chiede solo di completare compiti locali e ristretti in maniera standardizzata. In teoria, un insieme di persone che interagisce mediante moduli standardizzati e seguendo istruzioni dettagliate è in grado di eseguire qualsiasi computazione. (…) Ci concentreremo sulle macchine sociali che sono mediate da interfacce Web, e chiameremo le persone che le compongono «partecipanti». L’espressione «macchina sociale» fu introdotta nel 1999 da Tim Berners-Lee, l’inventore del World Wide Web, che lo usò in maniera piuttosto ottimistica quando scrisse: «I computer possono aiutare se li usiamo per creare macchine sociali astratte sul Web: processi in cui le persone fanno il lavoro creativo e la macchina fa l’amministrazione». Noi useremo la sua terminologia, sebbene molti degli esempi che incontriamo oggi sembrino suggerire un’inversione dei ruoli piuttosto preoccupante, in cui le persone svolgono le faccende di routine e i sistemi digitali decidono gli obiettivi. L’infrastruttura digitale, che funge da mediatore tra i partecipanti, non ha solamente il ruolo di coordinare il lavoro di questi, ma spesso anche quello di distribuire degli incentivi, poiché le componenti di questa macchina sono esse stesse degli agenti autonomi, che partecipano volontariamente perché si aspettano dei benefici. (…) distingueremo tra i due livelli a cui agiscono la macchina e il partecipante, chiamandoli rispettivamente livello macro e micro. Azioni e obiettivi ai due livelli possono essere molto diversi, così come la quantità e la qualità delle informazioni disponibili per le necessarie decisioni. Una playlist di film o canzoni è generata da una macchina sociale al livello macro, mentre le decisioni di «condividere» o cliccare «mi piace» su un brano specifico, sono decisioni prese dal partecipante a livello micro. L’annotazione delle immagini, prodotta dal gioco ESP, è una proprietà emergente al livello macro, mentre le scelte specifiche di quali parole scrivere sono decisioni al livello micro. (…) L’idea della macchina sociale fornisce un’utile astrazione per pensare agli enormi e complessi sistemi sociotecnici che sono emersi sul Web, come le piattaforme delle reti sociali, i motori di ricerca e quelli di raccomandazione, alcuni dei quali hanno miliardi di utenti attivi ogni giorno. Non solo eBay e il gioco ESP sono macchine sociali, lo sono anche le comunità che collettivamente votano le risposte più utili a una data domanda, o i video più interessanti, anche se le loro diverse regole interne risultano in comportamenti emergenti che possono essere diversi. In questi casi, un’interfaccia Web plasma le interazioni tra i partecipanti umani, vincolando tanto le informazioni quanto le opzioni che questi hanno a disposizione, in modo tale che essi possano perseguire i propri obiettivi individuali soltanto promuovendo al contempo anche quelli della macchina macroscopica di cui fanno parte. (…)).. Oggi sfruttiamo le microdecisioni prese da milioni di partecipanti per raccomandare libri, video, notizie ed email. Gli agenti dietro queste decisioni, alla fine, sono entità collettive, con il compito di scoprire risorse e stimarne il valore, proprio come fanno le formiche in una colonia per il cibo. Sarebbe interessante vedere se questi sistemi possono avvertire cambiamenti ambientali che noi – i partecipanti – non siamo in grado di notare o comprendere. Considerando la quantità di dati che questi macro agenti possono ottenere e processare, possiamo considerarli come un esempio di intelligenza sovrumana? [Sì] (…) Il telos di un sistema di raccomandazione emerge dalle interazioni di milioni di utenti, ma è anche plasmato dall’algoritmo di apprendimento. Questo a sua volta è guidato dalla formula che calcola la ricompensa ricevuta per le reazioni dell’utente, così che la mano invisibile può essere in parte controllata agendo su quella formula, ma non c’è alcuna garanzia che l’intero sistema sia disposto a seguirla docilmente. Forse il modo giusto di vedere un sistema di raccomandazione è come il controllore di un’intera (e riluttante) macchina sociale. (N. Cristianini, “La scorciatoia. Come le macchine sono diventate intelligenti senza pensare in modo umano”)