Macchinismo

Viero ricorda che

[Si definisce così] (…) l’incorporazione nella macchina di ciò che è bagaglio dell’uomo, cosicché tale macchina possa produrre a ciclo continuo, in uno scenario di divisione del lavoro, sulla base di ciò che è stato inserito in essa [ed è] problematico una volta che viene persa la trascendenza, e con essa la dialettica mezzi-fini subisce una riconfigurazione, con il mezzo che diventa fine (…) il modello macchinistico diventa la matrice, il modello che preforma e performa la significazione e la relazione con il mondo, non lasciando altra via d’uscita diversa e diventando esso stesso operatore di ideologia esclusiva. Questo scenario produce alienazione da sé e si ingenera quando vengono astratti e posti all’esterno degli obiettivi o dei risultati attesi a cui l’uomo si sottomette, con tutta l’attenzione assorbita dalla macchina poiché è l’unica che ammannisce questi risultati nel modo richiesto. (D. Viero, “La scuola del macchinismo. Passaggi per un’altra antropologia”)