Bertola e Quintarelli sono tra i pochi a dare una spiegazione chiara del mining:
il mining.
(…) il sistema propone a tutti i partecipanti un complesso problema matematico, la cui soluzione richiede di effettuare un’enorme quantità di calcoli che possono avere successo in maniera più o meno casuale; il primo che riesce a trovare la risposta corretta la comunica a tutti e vince una certa quantità di moneta di nuova emissione, ottenendo quindi un pagamento per il proprio lavoro di calcolo. La complessità del problema matematico da risolvere aumenta nel tempo, per cui saranno necessarie sempre più risorse di calcolo, e in questo modo si introduce una scarsità artificiale. Inoltre, la pubblicazione della soluzione del problema matematico, oltre a ufficializzare l’accredito della nuova moneta, conterrà tutti gli aggiornamenti al registro che i partecipanti hanno messo in coda nell’ultimo periodo; per esempio, nel caso di una moneta elettronica, tutte le transazioni effettuate nel frattempo. Questo aggiornamento è il cosiddetto blocco, che viene compilato e trasmesso a tutti i partecipanti dal primo che riesce a risolvere il problema. Il registro è quindi costituito da una sequenza di blocchi collegati in ordine temporale, ossia da una catena di blocchi (blockchain) che può soltanto crescere, rendendo impossibile alterare o manipolare la storia di ciò che è successo in passato. Questo modello computazionale è stato inizialmente usato per memorizzare le transazioni elettroniche di una nuova, specifica valuta digitale, denominata bitcoin; ma si possono creare blockchain per memorizzare qualunque altro tipo di informazione digitale. Il problema matematico usato nel mining è in sé privo di significato, ma serve a far sì che sia necessaria un’enorme capacità di calcolo per poterlo risolvere, e limita quindi la quantità di nuova moneta che può venire creata nel tempo, evitando così una rapida inflazione dovuta alla “stampa” di nuova moneta virtuale. Il modello è proprio quello della miniera d’oro; nessun partecipante ha la garanzia di trovare la pepita, e la maggior parte degli sforzi andrà sprecata, ma nel lungo termine un po’ d’oro arriverà a tutti. Così facendo, si crea l’incentivo affinché un vasto numero di persone mantenga il registro di ogni transazione avvenuta. (…) In una seconda generazione di sistemi, capitanati dalla piattaforma Ethereum, è stata introdotta la possibilità di scrivere nella blockchain piccole applicazioni chiamate smart contract, che legano alla transazione economica l’effettuazione automatica di determinate operazioni; in questo modo, se il fornitore non esegue la prestazione, lo smart contract non scatta e il presunto fornitore non viene pagato: chi paga ha la certezza di ricevere in cambio la merce digitale o il servizio pattuito. (…) la capacità computazionale richiesta per il mining è diventata talmente elevata da essere alla portata solo di pochi grandi raggruppamenti di operatori specializzati, chiamati mining pools, tipicamente collocati in paesi dove l’energia elettrica che alimenta i calcolatori costa poco, o dove le regolamentazioni sono più lasche (…) a causa dell’insostenibilità ecologica, la seconda criptovaluta più popolare al mondo – Ethereum – a fine 2022 ha completato un passaggio tecnologico chiamato “The Merge” che ha modificato l’algoritmo di validazione delle transazioni riducendo il consumo della sua blockchain di oltre il 99,95 per cento, ovvero risparmiando circa 110TWh all’anno. È una dimostrazione tecnica importante, che potrebbe spingere i regolatori a imporre a tutte le altre criptomonete l’uso di una tecnologia analoga (V. Bertola – S. Quintarelli, “Internet fatta a pezzi. Sovranità digitale, nazionalismi e big tech”)