Porta la data del 24 luglio 2020, l’ultimo
Le scuole del secondo ciclo di istruzione – e in via subordinata quelle del primo – vengono chiamate a candidarsi per l’ennesima iniziativa competitiva.
L’emergenza COVID19 non sembra aver cambiato nulla: l’unico riferimento al lockdown è infatti il seguente, che – con le solite contorsioni sintattiche tipiche della prosa ministeriale della nostra epoca – esalta la capacità taumaturgica della disruption metodologica.
“Le risposte della scuola all’emergenza del Covid-19, sempre secondo l’OCSE, necessitano di una strategia in grado di promuovere modalità in tempo reale per supportare docenti e studenti verso l’autonomia nell’utilizzo delle nuove metodologie didattiche, incentivando la collaborazione fra docenti e lo scambio fra comunità professionali per l’adozione di piani didattici innovativi, in particolare per gli studenti più vulnerabili.”
L’elenco degli ambiti di intervento è incredibilmente il medesimo dei precedenti documenti di questo tipo, sfacciatamente comprensivo dell’imprenditorialità, in tempi in cui sarebbe forse più etico parlare di solidarietà e cooperazione.
1) Pensiero computazionale, coding e robotica educativa, intelligenza artificiale;
2) Tinkering, making e Internet delle cose;
3) Risorse educative aperte e cloud computing;
4) Realtà virtuale e aumentata nella didattica;
5) Design thinking e apprendimento basato sul progetto;
6) Cittadinanza digitale e media education;
7) Public speaking e debate;
8) STEAM e creatività digitale;
9) Imprenditorialità digitale.
Mesi di crisi e di difficoltà logistiche, professionali e umane, insomma. non hanno lasciato alcuna traccia nei solerti estensori dell’avviso.
Del resto nel Paese e nel Parlamento non c’è stata alcuna riflessione vera, alcun autentico monitoraggio. Solo sussunzione dell’istruzione da parte del capitalismo di sorveglianza, chiacchiere mediatiche e polemiche polarizzate.