Il blog è nato con l’idea di rendere disponibili una prospettiva e soprattutto un lessico che contribuiscano all’emancipazione culturale nel campo digitale, contrastando gli aspetti messianici e dogmatici delle definizioni del senso comune e la demagogia.
Il mio approccio – esposto nell’intervento che segue e rielaborato nell’articolo messo in evidenza– è una visione radicalmente – sempre più – critica della cultura e dell’antropologia della platform society, così come viene proposta dal pensiero mainstream.
Ho pertanto immaginato e cercato di attuare una progressiva messa in evidenza e in circolo dei nuclei sintetici delle letture che vado appassionatamente accumulando dalla primavera del 2018.
Vi è infatti e per fortuna – non tanto in Italia, quanto altrove – davvero molto pensiero divergente. Di conseguenza, escono sempre più libri, molti dei quali si richiamano tra di loro.
Già nel 1979 Noble affermava che:
la tecnologia non è una forza autonoma che incide sugli affari umani da”fuori”, ma è il prodotto di un processo sociale, storicamente specifica attività svolta da alcune persone, e non da altre, per scopi particolari (Nobile 1977). La tecnologia quindi non si sviluppa in modo unilineare; c’è sempre una gamma di possibilità o alternative che sono delimitate nel tempo – perché alcune sono selezionate e altre negate, dalle scelte sociali di coloro che il potere di scegliere, scelte che rispecchiano le loro intenzioni, ideologie, posizioni sociali, relazioni con altre persone nella società.
Qualche anno dopo, sempre Noble chiariva che :
In ogni punto [gli] sviluppi tecnologici sono mediati dal potere sociale e dai rapporti di dominio, da fantasie irrazionali di onnipotenza, dalla legittimazione di specifiche nozioni di progresso e dalle contraddizioni radicate nei progetti tecnologici stessi e nel rapporto sociale di produzione (…) Il determinismo tecnologico (…) non è corretto: è solo una spiegazione criptica, mistificante, evasiva e tranquillizzante (…). Se i cambiamenti sociali che incombono (…) sembrano necessari è perché essi seguono non da alcuna logica tecnologica disincarnata, ma da una logica sociale- a cui tutti noi ci conformiamo
Il quadro dell’analisi critica, per altro, è sempre più ricco e più complesso: assolutamente impossibile riprodurlo in forma divulgativa, come qualcuno si ostina a chiedermi. Sintetizzare sarebbe anzi rischioso, perché l’indicazione di scorciatoie culturali finirebbe probabilmente per riprodurre il meccanismo di riduzione tipico delle euristiche cognitive strumentalizzate dalla scienza comportamentista.
Io mi considero, insomma, soltanto un esploratore – ma non certo una guida – e questo blog è pertanto la pubblicazione del mio diario di bordo, per sua natura dinamico e in continua rielaborazione.
Propongo così soprattutto definizioni, tra cui alcuni neologismi, nella direzione di un linguaggio e di una rete concettuale con compiti di liberazione dall’egemonia in atto, ma anche mappe e tabelle, con funzione di sintesi e di confronto.
I temi sono la tecnocrazia, ma pure e soprattutto l’economia, la politica, la società, il diritto, e valorizzano la demistificazione e la riformulazione concettuale.
La finalità è infatti svelare la logica di messa a valore e di mercificazione delle relazioni umane inoculata nell’universo digitale da parte del capitalismo di piattaforma e di sorveglianza e la manipolazione delle coscienze e del consenso messa in atto dalla democrazia proprietaria.
La pagina audio-visivi accede a contenuti multimediali sul tema del blog, a testimoniare che in qualche modo l’urgenza della decolonizzazione del futuro lambisce ormai anche i media e i salotti intellettuali, oltre a innervare le residue nicchie di pensiero divergente e antagonista.
Marco Guastavigna, ricercatore inopportuno ed ex-centrico, hacker concettuale, inguaribilmente outlier.
Intervista che riprende parte dei contenuti iniziali del blog: prima e seconda parte.
Le immagini originali che corredano gli articoli sono realizzate con DALL·E2
