Rodotà chiarisce che:
tra l’uomo e la macchina non vi è soltanto interazione, ma compenetrazione. È l’umano che ingloba in sé la macchina, non il contrario. Questo è un dato strutturalmente evidente, di cui viene riconosciuta la rilevanza costituzionale. Il diritto ristabilisce così la priorità dell’umano, ma manifesta la sua potenza dicendoci che nel mondo esiste una nuova entità, costituita appunto dalla persona e dall’apparato tecnico al quale essa affida i suoi dati. Tra persona e macchina si stabilisce un continuum: riconoscendolo, il diritto ci consegna una nuova antropologia, che reagisce sulle categorie giuridiche e ne modifica la qualità. La riservatezza e l’integrità, qualità dell’umano, si trasferiscono alla macchina.
Questa nuova forma di garanzia supera la dicotomia tra il principio dell’habeas corpus, legato al corpo fisico, e quello dell’habeas data, concepito come estensione di quella garanzia storica al corpo elettronico. Non vi sono più oggetti distinti della tutela, ma un oggetto unico: la persona nelle diverse sue configurazioni, determinate dal rapporto con le tecnologie, non soltanto elettroniche.