Gallina chiarisce
Per realizzare un dipinto con un robot [è necessaria] la programmazione. La scrittura di un algoritmo richiede pazienza e tempi lunghi. (…) Al contrario, l’esecuzione del robot è rapidissima. Il robot non ha ripensamenti; esegue ciò che gli è richiesto. Questa condizione operativa provoca nell’artista robotico uno stato mentale di aspettativa che è diverso da quello dell’artista tradizionale. Quando premo il pulsante di “start” del robot è come se vedessi girare la ruota della roulette di un casinò. Sono in uno stato di eccitazione perché non conosco il risultato finale e, da quel momento in poi, esso non dipende più da me, ma dal robot. La scintilla di piacere è acuita dal fatto che è stata preceduta da mesi di impegno e ricerca. Mentre si lavora, lo stato mentale è avvolto da quella che lo psicologo Jonathan Haidt ha definito felicità delle attese (…). Ovviamente, se il risultato non è quello ipotizzato, subentra frustrazione. (P. Gallina, “La protoarte dei robot. Quando l’arte, la robotica e l’intelligenza artificiale si intrecciano”)