Gallina propone le basi:
In prima approssimazione, (…) un robot è un qualsiasi sistema automatico dotato di corpo, in grado di operare grazie a un’“intelligenza” più o meno raffinata. In realtà, recenti studi sulla robotica hanno messo in luce che per sviluppare un’intelligenza artificiale che punti nel lungo periodo a imitare quella umana, sono necessari tre ingredienti: un corpo, una mente e l’ambiente. L’ambiente è infatti indispensabile per “forgiare” il robot, per fargli acquisire esperienza (…) imparando dai propri errori. Quest’ultima strategia viene detta (…) apprendimento per rinforzo: quando il robot esegue, a volte per caso, un movimento corretto, esso riceve una sorta di “ricompensa digitale” che lo incita a continuare a comportarsi nel modo corretto; al contrario, quando commette un errore, riceve una penalità. (…) Esistono anche altre tecniche di programmazione ma, in ogni caso, prevedono la struttura fisica del robot, la sua intelligenza elettronica, e un ambiente sul quale le azioni del robot hanno effetti riconoscibili. Se guardiamo al futuro, ambizione ultima della robotica è realizzare un sistema in grado di imitare il comportamento umano con livelli elevati di astrazione, in ambiti difficilmente inquadrabili in modelli o strutture matematiche, quali quelli inerenti la coscienza, i sentimenti e certamente l’arte. L’oggetto di questo obiettivo proiettato al futuro viene indicato col termine large-scale brain simulations (LSBSs). (…) [A proposito del corpo:] se anche fossimo in grado di riprodurre a basso livello le dinamiche di una mente umana in termini di componenti elettronici, senza tener conto che un vero cervello umano interagisce con l’ambiente che gli sta intorno, l’hardware che avremmo così ottenuto risulterebbe arido e, in ultima istanza, inutile. (…) Perciò, se l’obiettivo è realizzare un cervello elettronico che imiti in qualche modo la mente umana, bisogna fornirgli anche gli stessi stimoli (…) che ognuno di noi, nella propria quotidianità, esperisce. Un cervello senza questi stimoli è un cervello inutile. (…) E non genera una mente. (…) propongo la possibilità di realizzare un’intelligenza artificiale che possa accrescere nel tempo a lungo termine, che possa quasi “vivere”. (…) si tratta (…) di un progetto in fieri. L’ho chiamato “Never: the long-life robotic painting agent”. Si tratta di un progetto utopistico, in quanto servirebbero troppe risorse economiche per dare corpo all’esperienza artistica. (…) Never prevede una piattaforma hardware detta painting agent (…). Il painting agent è composto da una mente (mind), una serie di sensori che osservano tavolozze e dipinto, e un robot che esegue i dipinti. Di volta in volta, al painting agent vengono presentati diversi soggetti (immagini digitali) da riprodurre. Chi si occupa di fornire i comandi corretti al robot per interpretare i soggetti è la mente. In essa risiede l’innovazione della proposta artistica: la mente non è statica, preconfezionata, programmata una volta per tutte, ma evolve negli anni. Qualunque artista che si occupa di algoritmi può dare il proprio contributo alla mente programmando algoritmi innovativi. In questo modo, i dipinti realizzati dal painting agent diventano opere collettive. Il painting agent si arricchisce di nuove tecniche e di nuovi stili, i quali non si escludono mutualmente, ma convivono secondo criteri “democratici”. I fruitori dell’opera (gli observers) forniscono di volta in volta giudizi in grado di guidare l’agente, similmente a quanto avviene con i feedback dei siti di e-commerce. La piattaforma muta negli anni, non rimanendo mai uguale a sé stessa. Si plasma secondo i desiderata dell’estetica del momento; una sorta di organarte artificiale in simbiosi con il mondo. (P. Gallina, “La protoarte dei robot. Quando l’arte, la robotica e l’intelligenza artificiale si intrecciano”)