
Ho appena ricevuto questo libro, costruito con GPT4 e Midjourney. Pierazzuoli è uno che picchia duro sul capitalismo cibernetico, con idee molto chiare e illuminanti. Uno di quelli che mi piacciono perché posizionati in modo critico producono pensiero [la scelta e l’ordine delle parole non sono casuali – NdR].
Ecco come illustra in prima persona questo lavoro, ludico ma profondamente politico:
Abbiamo provato a fare un uso ludico delle AI generative. Abbiamo fatto un libro di fiabe interagendo con ChatGPT e con Midjourney, una AI Text to Imagine (da testo a immagine). Cerchiamo così di capire cosa combinano queste piattaforme. Alla richiesta di una fiaba (…) [ChatGPY] crea (…) una combinatoria di termini che sono statisticamente probabili. Che sono statisticamente coerenti tra di loro in ambito grammaticale, sintattico, di contesto (la scrittura in una determinata lingua) e di sotto contesto (l’argomento) e via a scalare di relazione in relazione, in un processo di aggiustamento continuo e ricorsivo, macinando enormi quantità di dati. In pochi attimi ecco pronto un testo che può essere affinato con una nuova richiesta. In questo modo siamo riusciti a scrivere un libro di fiabe illustrate in meno di una settimana. Con illustrazioni strabilianti che avrebbero richiesto un tempo enormemente più grande e una padronanza tecnica superiore alla nostra. Quando Propp trova la struttura morfologica della fiaba, non trova soltanto una architettura attraverso la quale sarebbe possibile scrivere infinite fiabe, fiabe ex novo, fiabe non ancora raccontate, fiabe artificiali, niente di tutto questo. A Propp quella struttura serve per decifrare il senso di quel raccontare, di trovarne le radici storiche. Di usarle per capire l’ambiente che le ha generate. Capire in definitiva il senso della fiaba. L’AI fa invece una operazione senza senso, pura combinatoria. Pura sino a un certo punto. È una combinatoria che rimanda alla produzione degli umani. La plausibilità richiesta è questo legame con la storia umana. Se prendiamo l’AI che a partire dal testo produce immagini, la cosa si fa più evidente. L’immagine non è la cosa in sé, è la proiezione fantasmatica del linguaggio. Si tratta di un gioco intorno a degli archetipi o intorno a delle icone (…) La macchina scova i pattern riconoscitivi che gli umani – storicamente determinati – producono. Che poi l’immaginario umano sia attraversato da infiniti pregiudizi, nel senso di quei bias cognitivi che infestano i dataset (gli insiemi di dati sulla quale la macchina si esercita) e che molti di questi siano il risultato di una contaminazione storica e mediatica – di una mediazione mediatica – continua e ricorsiva, è cosa data per scontato. Le fiabe saranno così piene di principesse rosa, di principi azzurri che convolano alle nozze finali. C’era una volta e vissero felici e contenti. Per questo le “istruzioni” da dare alla AI devono essere mirate. Devono chiedere ma anche negare. Una fiaba non convenzionale, senza nozze negli happy end, etc. Scovare/scavare negli anfratti dell’immaginario umano elementi che disertano dai luoghi comuni e dalle ideologie indotte dal capitale. È questa la sinergia collaborativa occorrente in attesa di costruire un mondo (e contribuendo alla sua costruzione) che fornisca alla macchina dei dataset da non dover essere purgati.