L’apprendimento acritico del coding lo considera esclusivamente da un punto di vista tecnico e falsamente neutro, come allineamento individuale al linguaggio delle macchine, in un contesto generale in cui la velocità dell’infezione cognitiva da parte dei dispositivi digitali e dell’ibridazione degli utilizzatori sfrutta invece la corrispondente lentezza della comprensione collettiva delle implicazioni sociali, culturali, economiche e politiche di questi processi per produrre obnubilata assuefazione.
E quindi addomestica a:
- acquisire dati parziali;
- applicare procedure approvate;
- ottenere e restituire azioni e soluzioni attese.
Ed ecco l’adattamento del pensiero umano al paradigma macchinico, in potenza reciproca e pericolosa indifferenza valoriale ed etica, soprattutto nella prospettiva – anche solo retorica e manipolatoria – della Singolarità.
Vi sono anche opinioni opposte, per esempio:
(…) il codice si propone come dispositivo in grado di immaginare e costruire, tutta o in parte, la società stessa, ovvero agisce come condizione di pensabilità a priori di artefatti e servizi: una consapevolezza questa che nel Metaverso trova (e probabilmente troverà sempre più) un’interessante possibilità di conferma (C. Panciroli – P. C. Rivoltella, “Pedagogia algoritmica. Per una riflessione educativa sull’Intelligenza Artificiale”)
[…] medici, psicologi e così via, le cui prestazioni e i cui servizi vengono algoritmizzati e implementati in bot di […]
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