Non proponendosi di scrivere un saggio, Baricco può permettersi un’interpretazione (uno storytelling) tra lo snob e il giocoso della platform society, che egli fa risalire alla necessità – solo un po’ visionaria – di uscire dalla civiltà novecentesca, dalle sue statiche, ideologiche e rallentanti istituzioni culturali e politiche:
La dico in modo brutale: per ragioni storiche e per cosí dire darwiniane, da un certo punto in poi (dall’iPhone in poi, se dovessi azzardare una data), nulla ha piú avuto serie possibilità di sopravvivenza se non aveva nel suo DNA il patrimonio genetico dei videogame. Posso addirittura spingermi a fermare, per l’utilità di tutti, i tratti genetici di quella specie destinata a sopravvivere:
un design piacevole capace di generare soddisfazioni sensoriali;
una struttura riconducibile allo schema elementare problema/soluzione ripetuto piú volte;
tempi brevi tra qualsiasi problema e la sua soluzione;
aumento progressivo delle difficoltà di gioco;
inesistenza e inutilità dell’immobilità;
apprendimento dato dal gioco e non dallo studio di astratte istruzioni per l’uso;
fruibilità immediata, senza preamboli
rassicurante esibizione di un punteggio ogni tot passaggi.
Da qui la definizione di “verità-veloce” , che intercetta l’attenzione delle persone grazie al suo design aerodinamico.
Da qui l’immagine dell’oltremondo, di una realtà costituita da due forze motrici, materiale e immateriale, digitale.
Di qui la contrapposizione tra iceberg tipico del GAME e piramide rovesciata, tipica della cultura novecentesca.