[A] partire dagli anni Novanta il Web (…) è diventato settore strategico del capitalismo globalizzato, dando vita a quello che (…) chiamiamo netliberismo. Il primo passaggio è avvenuto nel 1995, quando Internet ha subito la sorte di molti dei beni comuni che entrano nelle spire del profitto e devono sottostare alle linee di tensione imposte dal mercato. I responsabili del programma NSFNet hanno consegnato la spina dorsale del Web ai privati. Una tale inversione di rotta, la privatizzazione della Rete, è avvenuta senza nessun dibattito pubblico, nessun conflitto di idee e praticamente nell’assenza della presa di parola dei soggetti interessati. Come se non bastasse, per rendere più efficace la transizione al modello privatistico, la National Science Foundation ha finanziato per circa 4 milioni di dollari i network commerciali. (…) Il net-liberismo è una delle facce del neoliberismo: non bisogna dimenticare che ciò che avviene nel mondo virtuale del cyberspazio risente e si intreccia con quanto avviene nel mondo reale e nei suoi rapporti di forza. La regolazione del Web è avvenuta in un contesto politico, sociale e culturale ben preciso in cui – diciamo così – non era proprio di moda difendere l’interesse pubblico e i beni comuni.” (Santoro)