[è il] risultato di un dispositivo antico quanto il capitalismo stesso che le “aziende di dati” hanno trovato il modo di mettere a frutto dopandolo ulteriormente e implementandolo con tecnologie particolari. Avendo trovato il modo di arricchirsi attraverso la cattura e la promozione degli scambi di dati, esse si sono anche specializzate nei facilitare gli scambi di contenuti digitali – qualunque essi siano – offrendo potenti piattaforme e tecnologie di implementazione planetarie ed efficienti. Più scambi avvengono più consistente sarà anche il profitto che ne potranno trarre. A maggior ragione questo è vero se il doppio valore di ogni scambio resta offuscato. In un contesto capitalistico, il valore di scambio è sempre più alto del valore d’uso, anche se non appare.
Questo non solo sotto un profilo strettamente economico ma, se possibile, ancor più per una sottile ragione psicologica: la tendenza degli utilizzatori a sopravvalutare il valore d’uso. Va da sé che, in questo gioco orientato al profitto, più i giocatori sopravvaluteranno il valore d’uso e maggiore sarà anche il tempo che essi dedicheranno agli scambi, più alto sarà infine il ricavo delle aziende”. (R. Curcio, 2020)