Aloisi e De Stefano ci ricordano che
nel retrobottega della formidabile economia digitale si nasconde un esercito di lavoratori fantasma deputati all’innesco di processi, alla riparazione di errori, alla programmazione di stringhe di codice, o ancora responsabili di rimettere a posto bici, monopattini e vetture della mobilità condivisa, oppure della cottura di un hamburger, dello stoccaggio e del recapito di pacchi, dell’allestimento delle corsie dei magazzini della grande distribuzione.
(…) il lavoro sporco della seconda ondata della new economy non lo fanno le macchine intelligenti, ma i macchinisti invisibili.