
[Questo approccio è] il motivo principale del rapporto intenso, a tratti morboso, che ci tiene legati a questo oggetto. Lo utilizziamo circa novantasei volte ogni ventiquattro ore. In media un’interazione ogni dieci minuti quando siamo svegli. Se poi consideriamo anche le interazioni rapide con lo schermo dello smartphone, per esempio per guardare le notifiche di messaggi ricevuti o per controllare l’ora, scaliamo nell’ordine delle migliaia: duemilaseicento volte al giorno, secondo le stime. Centinaia ogni ora. Si ipotizza che, entro il 2025, le interazioni quotidiane con i dispositivi connessi (telefoni ma anche tablet, sensori intelligenti, orologi e computer) saliranno a quota 4.800. Una ogni 18 secondi.
Tra il 2019 e il 2021, complice la pandemia, abbiamo aumentato la quantità (20 per cento in più) e modificato la qualità del tempo di utilizzo dei nostri smartphone (dedicandoci di più alle applicazioni di messaggistica e ai social network – nel 2021 TikTok è stata l’applicazione con più download globalmente, WhatsApp la quarta).
Ne hanno beneficiato le grandi aziende produttrici di tecnologia. Nell’ultimo trimestre del 2021 le vendite di iPhone sono aumentare del 30 per cento. Gli acquisti in-store su Apple, Android a Google Play sono cresciuti del 19 per cento, con una spesa media complessiva di 320.000 dollari al minuto. Durante il primo lockdown, solamente in Italia, il traffico su rete mobile è cresciuto del 74,9 per cento. Nel 2019 noi italiani trascorrevamo il 67 per cento del tempo online sulle applicazioni mobili. Nel 2020 il 70 per cento. Nel 2021 siamo saliti al 75 per cento.
È un telefono, ma lo usiamo sempre meno per chiamare. Preferibilmente scambiamo messaggi con amici, colleghi e familiari, servendoci di una tra le infinite applicazioni di messaggistica istantanea disponibili sul mercato. La più celebre tra tutte – WhatsApp – veicola globalmente quarantuno milioni di messaggi al minuto. (G. Sgueo, “Il divario. I servizi pubblici digitali tra aspettative e realtà“)