STEPWISE: didattica, ecogiustizia, ecosocialismo

Bencze sostiene che:

i contributi a cambiamenti significativi [nei sistemi socioeconomici, in direzione dell’ecogiustizia e socialisti] possono derivare dall’educazione scientifica e tecnologica che dà priorità alla coscientizzazione e alla prassi. [Come nel caso dello schema] STEPWISE (Science & Technology Education Promoting Wellbeing for Individuals, Societies & Environments) (…) utilizzato – e adattato – per la ricerca-azione nell’istruzione formale primaria, secondaria (principalmente) e terziaria e nei contesti doposcuola (principalmente in Ontario, Canada) sin dal suo inizio nel 2006. In generale, lo schema è strutturato per fornire studenti con esperienze educative che consentano loro di sviluppare e implementare eventualmente in modo indipendente “ricerca informata e azioni negoziate” (RiNA), progetti per aiutare a superare i danni nelle relazioni tra i campi della scienza e della tecnologia e le società e gli ambienti (STSE) che li interessano o li interessano. Nello sviluppo e nell’esecuzione di tali azioni sociopolitiche, gli studenti – in effetti – “spenderebbero” altruisticamente parte del loro capitale socioculturale (…) nel tentativo di migliorare il benessere di altri esseri viventi e non, piuttosto che solo per se stessi. Ciò contrasta con l’enfasi neoliberale sulla promozione, ad esempio, della possessività individuale che sembra in gran parte associata a numerosi danni sociali e ambientali. (…) In generale, lo schema varia le esperienze di apprendimento degli studenti (…) combinando più lezioni dirette dall’insegnante (…) con obiettivi di apprendimento predeterminati (…) per la coscientizzazione/de-puntualizzazione [cioè decostruzione e individuazione della complessità e della vastità delle interconnessioni delle reti di attanti] con attività più dirette dagli studenti e aperte (ossia, consentendo risultati di apprendimento non pianificati, dipendenti da fattori come i dati disponibili e la teoria degli studenti) per aiutare gli studenti ad autodeterminare le proprie identità. (J. Lawrence Bencze, “Dreaming of Global Ecosocialist Futures. Possible Contributions from Science & Technology Education”)

Questo approccio richiama il concetto di “geroglifico sociale“, ovvero la proprietà tipico di ogni prodotto del capitalismo: incorporare relazioni sociali complesse, interdipendenti e nascoste, che il lavoro e i consumatori devono re-interpretare e riconoscere.

Anche Ivano Dionigi, del resto, sostiene che:

Oggi abbiamo uno sguardo puntiforme; dobbiamo invece essere sinottici, panoramici, guardare le cose insieme. Se ciascuno si occupa di un puntino, chi connetterà i puntini alla fine? Ognuno ingrandirà il suo puntino; e dirà che il suo è quello vero. Nel mondo contemporaneo il pensiero umanistico, le lettere, le arti sono considerate software, pensiero debole, e si rincorrono invece le scienze dure, le STEM (scienze, tecnolo­gie, ingegneria e matematica) – che poi gli americani hanno corretto in STEAM, inserendoci arts. Provocatoriamente io direi che le scienze dure sono le humanities, quelle che fanno girare i programmi; è la filosofia, il pensiero umanistico duttile che interpreta, ricorda, prevede, pensa, sa di non sapere, come Socrate: e per questo è sophòtatos, più saggio di tutti. In questa prospettiva, occorre non solo re­cuperare il patrimonio acquisito dal pen­siero umanistico, sempre con lo sguardo al domani, ma esplorare tutte le possibi­lità. Ben venga lo sviluppo tecnologico, benvenuta la sfida dell’intelligenza artifi­ciale, guai a fare i luddisti. Più progresso, più tecnologia, più intelligenza artificiale. Bisognerà però chiedersi per quale tipo di vita. Quando si finirà di correre e si sarà arrivati alla ‘Atene digitale’, al paradiso terrestre promesso e sarà il momento di stare, allora a chi saranno affidate aidòs e dìke, il rispetto e la giustizia? Ebbene, nel regno del futuro più luminoso possibile, nel segno di Prometeo, dell’intelligenza artificiale, della robotica, della riduzione del lavoro, del prolungamento della vi­ta, delle cure mediche migliori; allora chi sarà titolare del rispetto e della giustizia? Non vorrei assistere alla sfida tra la vera tecnologia (tecnologia è parola bellissi­ma, composta da tèchne, latinamente ars, e lògos, la ragione, la parola) e la tecnocrazia (…)

Infatti, come affermano Chicchi, Marrone e Casilli:

il ruolo chiave che le piattaforme digitali svolgono oggi si basa sul lavoro di individui sparsi in tutto il mondo, che sopportano diverse forme di sfruttamento, adattandosi a modalità di produzione disparate. La nozione di lavoro digitale ha il merito di rendere visibili i legami che legano questi lavoratori. Segue il filo che collega i motociclisti nelle nostre città ai minatori di coltan in Centrafrica, a coloro che svolgono microtask da località remote ai dati di volontariato dei “prosumer” sui social media. Queste diverse occupazioni non sono investite solo dalle stesse dinamiche di accumulazione. Sono tuttie inquadrate da regimi di lavoro che vanno dal lavoro autonomo e non retribuito, al lavoro a cottimo e al lavoro non libero, praticamente tutti fuori dall’istituto salariale.