In chiusura, Benoit e Celik sintetizzano con estrema lucidità il loro approccio:
– No, la tecnologia non è neutrale. Dirige i nostri usi e determina il nostro stile di vita. La tecnologia digitale ci spinge a calcolare, ottimizzare e mercificare ogni aspetto della nostra vita.
– No, la grande marcia verso il progresso tecnico non è mai stata univoca, lineare. Le scelte tecnologiche ci sono quasi sempre state imposte e c’è sempre stata resistenza.
– No, criticare la tecnologia non significa voler tornare alla candela. Mettere in discussione un insieme di tecniche significa proporre un’alternativa, una traiettoria diversa, un altro modello di società.
– Certo, le nostre condizioni di vita sono migliorate grazie a certe innovazioni, ma non dobbiamo dimenticare i mali che l’inflazione tecnologica genera oggi fuori dalla nostra vista (consumo di elettricità, estrazione di metalli rari, esternalizzazione dell’inquinamento, proletarizzazione dei lavoratori, micro-lavoro delocalizzato dall’altra parte del pianeta, ecc.) ed essere consapevoli che a partire da una certa soglia possono rivelarsi controproducenti, con costi superiori ai benefici.
– No, la tecnologia non sarà la risposta alla crisi ambientale. I problemi causati dall’industrializzazione del mondo non possono essere risolti da una maggiore tecnologia che, fino ad oggi, ha sempre causato altri problemi, ha portato ad un aumento del consumo finale di energia e ha generato ulteriore inquinamento.
In un’epoca di crisi ecologica e di esaurimento delle promesse di modernizzazione, il “senso della storia”, per rispondere a coloro che gargarizzano con questa espressione, è oggi quello di essere decisamente tecnocritici. (Nicolas Celnik, Fabien Benoit – “Techno-luttes. “”Enquête sur ceux qui résistent à la technologie”, traduzione in proprio)