Hackerare ontologia ed epistemologia

Contrapposta alla classe vettoriale,

(…) la classe degli hacker deve produrre differenze dall’uniformità. Deve produrre informazioni che abbiano abbastanza novità da essere riconoscibili come proprietà intellettuale, un problema che la proprietà fondiaria o commerciale non ha. Per classe di hacker intendo tutti coloro che producono nuove informazioni da vecchie informazioni, e non solo le persone che codificano per vivere. Parte della lotta del nostro tempo è vedere un interesse di classe comune in tutti i tipi di produzione di informazioni, nelle scienze, nella tecnologia, nei media, nella cultura o nell’arte. Ciò che tutti abbiamo in comune è produrre nuove informazioni ma non possedere i mezzi per realizzarne il valore. Eppure il modo in cui lo facciamo non è proprio la stessa cosa del lavoro, proprio come essere un lavoratore non è proprio la stessa cosa che essere un contadino. (…) [In termini di conflitto di classe, sono quindi possibili, ipotizzabili e praticabili] modalità creative e speculative di produrre conoscenza collaborativa in campi molto diversi e assemblare movimenti sociali corrispondenti. È un modo per la classe hacker di pensare e agire come una classe, producendo non solo conoscenza collaborativa ma anche prototipi sperimentali di un altro modo di vivere. Il contrappunto a questo è ciò che io chiamo inerzia. Com’è possibile che, nonostante tutte le prove che si tratti di una missione suicida, l’attuale modalità di produzione continui ad accelerare verso il fallimento? Perché non cambierà rotta? Laddove l’estrapolazione sottolinea le possibili connessioni tra storia naturale e storia sociale, l’inerzia sottolinea la differenza. Agiamo dentro e contro un mondo che rimane altro da noi. Ridotti a nient’altro che utenti e le nostre azioni costrette nella forma della merce, il nostro lavoro e gioco collettivo produce un mondo sopra e contro di noi, che persiste massicciamente nelle proprie abitudini di funzionamento. Peggio ancora, il lavoro umano collettivo ha creato un mondo per una classe dirigente che continua a creare non solo se stessa ma anche noi a sua immagine. (…) La classe degli hacker sperimenta gli estremi di un risultato in cui il vincitore prende tutto dei suoi sforzi. Da un lato carriere fantastiche e il bottino di qualche simulazione del vecchio stile di vita borghese; dall’altro, il lavoro precario e part-time, le start-up che falliscono e la routine dei nostri lavori con nuovi algoritmi, progettati da altri della nostra stessa classe. La classe hacker doveva essere una classe privilegiata, protetta dalla proletarizzazione dalla sua creatività e abilità tecnica. Ma anche questo può essere reso casuale e precario. (McKenzie Wark,”Capital Is Dead: Is This Something Worse?”- traduzione in proprio)