Nella prima fase di Google Search gli utenti facevano ricerche online e utilizzavano servizi sempre nuovi.
Questo processo produceva dati a loro volta nuovi: non solo le parole chiave utilizzate, ma numero e pattern dei termini cercati, il loro spelling, formulazione e punteggiatura di una query, tempo di sosta e localizzazione delle persone.
Dati collaterali, insomma, che inizialmente furono archiviati in modo casuale, ma sostanzialmente ignorati, finché Amit Patel inauaguro l’estrazione dei dati, perché era convinto che questo flusso incessante di segnali non strutturati sottesi a ogni azione online avrebbe consentito di ricostruire la vicenda dettagliata di ogni utilizzatore dei servizi di Google – opinioni, desideri, emozioni, interessi – e quindi di costruire, se opportunamente elaborato per via algoritmica e di IA, uno strumento di rilevazione predittiva del comportamento umano.
[…] dei clienti alle parole-chiave della ricerca da parte degli utenti, perché le banche di dati comportamentali in possesso di Google, in continua crescita quantitativa e sempre più raffinati dal punto di vista […]
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[…] avvio dei processi del capitalismo di sorveglianza basato sull’estrazione di valore dai dati collaterali di surplus comportamentale, il ciclo delle attività di Google si è modificato nel modo rappresentato dallo […]
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[…] sull’uso del browser, dettagli medici, geolocalizzazione, file audio, video e fotografici, dati collaterali destinati al surplus comportamentale finalizzato alla pubblicità […]
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