Casilli (2020), riprendendo McKenzie Wark, definisce in questo modo:
“architetti della piattaformizzazione e burattinai dei dati (…) [il cui] potere non si estende sui mezzi di produzione ma sul controllo dei flussi, i “vettori” appunto, dell’informazione. Sviluppando l’idea originariamente proposta da Manuel Castells secondo cui i flussi sono ormai più importanti dei luoghi, i teorici della classe vettorialista definiscono questa come un aggregato sociale di produttori di servizi logistici di un nuovo tipo, che non consistono nel semplice fatto di spostare merci da una parte all’altra, quanto semmai nel controllare il flusso dell’informazione. Di conseguenza il perimetro della classe vettorialista corrisponde alla perfezione al ruolo dei proprietari e dei progettisti delle piattaforme. Appropriandosi dei saperi e del know-how attraverso i brevetti, il diritto di proprietà intellettuale e gli strumenti informatici di estrazione dei dati, i vettorialisti si situano al cuore stesso dei meccanismi contemporanei di accumulazione capitalista”.