Chiarisce il collettivo Ippolita che:
I servizi web e le app che usiamo tutti i giorni hanno fatto della diversità una variante del consumo. Nel diversity management esiste una scatola per ogni cosa, purché sia digeribile senza sforzi da parte del mercato. Il dissenso e il pensiero critico sono dunque un’alternativa che non mette in discussione il sistema, ma costituisce un semplice +1 da aggiungere alla lista delle variazioni sinora immagazzinate. In questo modo viene creato un falso senso di egualitarismo, un’orizzontalità reificante in cui ogni differenza sembra avere cittadinanza, perché abbiamo tutt* le stesse interfacce di comunicazione.
Le piattaforme [digitali a vocazione capitalistica] sono descritte in modo mistificatorio come strumenti capaci di colmare le differenze di rappresentazione e offrono una promessa di successo alle minoranze a patto che continuino a partecipare e credano nel sistema. Il consumismo tecnologico è il nuovo volto della cultura del dominio, che nasconde, invisibilizza in modo tale da relizzare una comunicazione più efficace.