Categorie per il social business

Sadin prova a classificare i clienti di Facebook:

La prima categoria (…) riunisce quelle e quelli che, ogniqualvolta sentono di vivere un momento particolare, non possono trattenersi dal raccontarlo, (…) Non si tratta di suscitare invidia, è solo che è diventato inconcepibile godere appieno di momenti come questi se poi non si informa l’intera lista dei contatti social (…), perché all’esperienza soggettiva si sovrappone la soddisfazione di non vivere questi momenti inutilmente e di poterli sfruttare allo scopo di conquistarsi una buona reputazione senza grossi sforzi e quasi con nonchalance.
Un’altra categoria riunisce chi (…) posta (…) l’avvenimento o la riflessione del giorno. Un gesto, questo, che fornirà loro una buona dose di dopamina, frutto dei like ricevuti e dei successivi commenti a cui si sentiranno felici e lusingati di dare vita e rispondere, quasi da un punto di osservazione privilegiato(…) E non appena questo bisogno viene appagato, nasce la sensazione fugace (…) di una distinzione galvanizzante di sé che si vorrà a tutti i costi riprovare, come fosse una dose di eroina. È chiaro che, per un gran numero di persone, è diventata una questione di equilibrio mentale.
Poi c’è chi non appena legge un articolo online (…) si scapicolla a “condividerlo”. Termine derivante dall’inglese share, che sin dalle sue origini avrebbe dovuto essere oggetto di una critica acerba e ironica, come se copiare un link fosse un atto di generosità, un regalo fatto agli altri. (…) si produce (…) una forma di riappropriazione dei contenuti, il cui scopo consiste nel ricordare a tutti il proprio punto di vista. In generale queste persone fanno dell’esibizione delle loro convinzioni, più che dell’effettiva messa in atto, la leva della loro vanagloria presso il pubblico, consapevoli che, in fondo, per partecipare in modo costante e concreto alla vita comune ci vogliono modestia ed energie.(…)
Un’ulteriore categoria, alquanto numerosa, include quelli che, non appena attraversano un momento più o meno spiacevole, (…) o al contrario una circostanza particolarmente felice, come un matrimonio, una nascita, una laurea o un’assunzione, non riescono ad accettare di vivere intimamente l’evento, triste o lieto che sia. In queste circostanze le affezioni raggiungono un livello di intensità tale da spingerci a desiderarne ancora di più. In un simile contesto di pubblicità di sé, se fossero vissute nella stretta intimità, con discrezione e pudore, mancherebbe qualcosa: l’occasione di mettere a frutto questi episodi infausti o allegri allo scopo di instaurare un legame più stretto con i propri simili. Il senso è quello di generare un’empatia massiccia e sfrenata intorno alla propria persona (…).
Infine esiste una sorta di categoria extra (…)[:] coloro i quali, per istinto o per esperienza, hanno capito che, per ottenere il bene supremo del like, bisogna “likare” – con pertinenza, quasi con precisione scientifica – tutti quelli che mettono loro il like. Si instaura allora tutta un’economia del like, un’economia della ricerca della sensazione dell’importanza di sé. (…)

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