Atteggiamento professionale tipico di un approccio – spesso inconsapevolmente – tecno-liberista, che fa coincidere il rinnovamento con l’innovazione distruttrice di ciò che è consolidato, perché “superato”. Piuttosto che sintassi consolidate e paradigmi condivisi, si coltiva l’idea della meraviglia, dell’epistemologia fieristica. E la sua teleologia: cavalcare le mode del momento, stupire, sfruttare il potere evocativo del dispositivo del momento e far rimanere a bocca aperta il pubblico.
Tipica di questo approccio è la contrapposizione dualistica tra “tradizione” e “novità”, che sottolinea la discontinuità con il passato, costantemente descritto e connotato in termini negativi: strumenti analogici/dispositivi digitali, libro cartaceo/ebook, testo/materiale audiovisivo, lezione frontale/debate e così via.
Ne conseguono proposte per la didattica e la formazione concepite e diffuse con modalità di marketing competitivo e autopromozionale, che strumentalizzano il fatto che il linguaggio della tecnologia costruisce barriere lessicali, concettuali e culturali di fronte alla mancanza di background scientifico di chi è spettatore.
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