Muraca riprende il concetto di
“differenza coloniale epistemica”[,] che Mignolo presenta sia come una conseguenza della colonialità del potere, sia come un locus di enunciazione. Nella prima accezione, la differenza coloniale epistemica ha permesso la squalificazione delle lingue e delle tradizioni di pensiero non greco-latine, e ha indicato come unica possibilità per i luoghi in cui la riflessione non si riteneva possibile – perché capaci solo di folclore, magia, mito – l’importazione dell’epistemologia moderna eurocentrica (in particolare della filosofia, delle scienze sociali e naturali). In quanto locus di enunciazione, tuttavia, la differenza coloniale epistemica crea le condizioni per l’emergenza di epistemologie frontaliere, la germinazione di opzioni decoloniali e l’elaborazione di critiche all’eurocentrismo non eurocentrate. Dunque paradossalmente appare necessario e urgente generare saperi a partire dalla differenza coloniale come locus di enunciazione, per mettere in discussione la differenza coloniale in quanto espressione della colonialità del sapere. In questo senso, la pedagogia decoloniale assume il carattere di una pratica insorgente, che nasce in contesti di marginalizzazione e resistenza; di una metodologia legata a lotte sociali, politiche ed epistemiche di liberazione. Secondo Catherine Walsh – la pensatrice che più di altri ha contribuito all’elaborazione della pedagogia decoloniale – i movimenti sociali costituiscono lo scenario pedagogico per eccellenza, dove i partecipanti esercitano pratiche di decolonizzazione di apprendimenti, riflessioni e azioni. In particolare, la vocazione decoloniale-pedagogica dei movimenti sociali si articola in due momenti: uno decostruttivo delle pedagogie dominanti, che si basano sul silenziamento epistemologico e sulla negazione ontologica e cosmogonica di tutto ciò che non si inquadra nella monologica e violenta geopolitica della conoscenza capitalista-coloniale e del suo soggetto conoscente individualizzato, europeizzato, mascolinizzato e razionalmente capace di controllare emozioni e desideri. L’altro costruttivo delle alternative che emergono da comunità e da soggetti, che incarnano genealogie, razionalità, saperi, sistemi di civiltà e di vita radicalmente altri.
(M. Muraca, “Un’etnografia collaborativa con il Movimento di Donne Contadine a Santa Catarina (Brasile)”, Mimesis Edizioni)