Il modello piattaforma

Ivana Pais chiarisce che:

Negli ultimi anni, abbiamo esteso il concetto di piattaforma dalle infrastrutture digitali alle aziende che erogano il proprio servizio attraverso questi strumenti.(…) Le aziende piattaforma sono oggi tra le società più capitalizzate al mondo (…) [e] rappresentano anche un modello organizzativo (…) adottato anche da aziende non digitali. (…) Le piattaforme sono mercati, in particolare mercati multilaterali, ma, a differenza dei mercati basati su logiche competitive, puntano al monopolio o all’oligopolio. (…) i nuovi monopoli di piattaforma sfruttano la logica multi-attore costruendo un’alleanza con il consumatore, a scapito delle condizioni di lavoro dei fornitori di servizi. Questa alleanza consente ad alcune piattaforme, come Amazon, di muoversi lateralmente in altri settori, erogando nuovi servizi a consumatori fidelizzati. (…) I lavoratori dipendenti di un’azienda piattaforma [lean] sono in numero limitato. (…) La logica distintiva della piattaforma è la cooptazione di operatori che agiscono sulla piattaforma senza esserne gerarchicamente dipendenti. (…) il controllo non è operato dai responsabili gerarchici, ma viene esternalizzato ai clienti attraverso meccanismi reputazionali, [e] al tempo stesso le piattaforme mantengono il potere centralizzato. (…) Le piattaforme(…) agiscono come regolatori privati: le norme (…) sono definite (…) da terms and conditions (…), sono opache e sono soggette a frequente “ricodifica”. (…) Amazon fa eccezione perché (…) impiega anche un ampio numero di operatori nei propri centri di distribuzione. (…) La piattaforma adotta una logica di rete: produttori e clienti sono nodi connessi da legami digitali attraverso cui transitano risorse (…) [ma] nelle piattaforme prevalgono logiche reputazionali. La caratteristica principale di questi meccanismi è che determinano effetti winners take all: poche persone riescono a occupare posizioni di privilegio, che poi generalmente si rinforzano proprio grazie agli effetti di rete. Questa logica è evidente tra i cosiddetti influencer ma funziona in modo analogo anche negli altri settori. Non a caso, tecniche come il personal branding (…) oggi sono diffuse in tutte le professioni di piattaforma. (…) Marion Fourcade teorizza l’emergere di un nuovo ordine sociale, basato su forme inedite di stratificazione, in cui la classificazione algoritmica prende il posto delle classi sociali (…) le piattaforme cooptano asset, risorse e attività che non fanno parte dell’azienda. I meccanismi di funzionamento della cooptazione digitale sono quelli del management algoritmico: controllo distribuito ma potere concentrato, regole non burocratiche, nuove forme di classificazione da cui dipende anche la divisione del lavoro. (…) [I] sistemi di valutazione sono oggi applicati anche in direzione opposta, con i professionisti che valutano i clienti, trasformando le pratiche di consumo e i diritti di cittadinanza. (…) Questa questione è stata sollevata, per esempio, dai movimenti dei lavoratori del sesso, che hanno raccolto casistiche relative all’espulsione di persone che avevano ottenuto solo recensioni positive sulla piattaforma. (…) La crisi dettata dall’emergenza pandemica prima e dalla guerra poi ha portato aziende come Airbnb, che negli ultimi anni aveva quasi completamente abbandonato la dimensione peer-to-peer a favore di una professionalizzazione e commercializzazione del servizio, a riscoprire l’ethos delle origini. Alcune piattaforme stanno mettendo in atto una strategia di riposizionamento basata sul riconoscimento del proprio ruolo nell’offrire servizi essenziali di interesse pubblico, aprendosi anche al confronto con la pubblica amministrazione. Le critiche della società civile non mancano, sia tra chi ritiene che si tratti solo di dichiarazioni di principio e di sharing washing, sia tra chi teme che le piattaforme possano veramente costruire partnership con le amministrazioni locali, con lo scopo di diventare parte delle infrastrutture essenziali per la cittadinanza.

Chicchi, Marrone e Casilli, nel presentare i risultati dei progetti di ricerca
HUSHThe Human Supply Chain Behind Smart Technologies” e PLUSPlatform Labor in Urban Spaces”, affermano per altro che:

Le piattaforme non sono solo un tipo di modello di business: sono diventate una struttura cruciale attorno alla quale la società si riorganizza. Traggono valore non solo dalle tradizionali attività lavorative, ma anche dalla cooperazione sociale. Le loro operazioni permeano anche gli spazi privati e trasformano i legami sociali come la parentela, l’amicizia e la sessualità in complessi schemi di monetizzazione. Questo processo rappresenta un allontanamento dall’istituto del salario, dove l’identità era per lo più legata alla posizione occupata da ciascun individuo rispetto al lavoro e alla retribuzione. In definitiva, la dimensione nascosta del capitalismo digitale è rappresentata dall’automazione che, contrariamente all’opinione prevalente, non segna il declino del lavoro umano. Per implementare gli algoritmi delle piattaforme è necessaria un’enorme quantità di dati e di lavoro sui dati. Questo lavoro è svolto da fornitori remoti sotto e micropagati, spesso residenti in paesi a basso reddito. Anche se il capitalismo delle piattaforme sembra più forte dall’epidemia di Covid-19, è ben lungi dal padroneggiare le sfide globali che innesca. Come suo contraddizioni diventano evidenti, le nuove lotte dei lavoratori digitali diventano più visibili e meglio organizzate. (…) indipendentemente dal loro ruolo, qualsiasi attività svolta dagli utenti tramite piattaforme digitali, che si tratti di consegna, insegnamento online o semplicemente chattare con il proprio partner, partecipa al processo del valore. Allo stesso tempo, più gli utenti interagiscono sulle piattaforme, più le infrastrutture digitali diventano socialmente rilevanti e in grado di influenzare il loro comportamento e modellare le loro strutture sociali. Ecco perché le piattaforme non sono semplicemente un nuovo tipo di modello di business. Sono diventate l’infrastruttura cruciale attorno alla quale la società si sta organizzando. (…) La società plasmata dalle piattaforme digitali produce un’intensa e continua
ridefinizione del perimetro del capitalismo
. I confini tra l’interno e l’esterno del capitale sono sfumati, poiché la mappa degli spazi in cui è stato prodotto valore nella società industriale è stata drammaticamente trasformata. L’istituto del salario sembra non funzionare più come uno spazio fondamentale di mediazione, un terreno solido per esporre il rapporto lavoro-capitale.