Origgi è molto netta:
I processi collettivi che fanno di Internet un così potente media cognitivo, sono precisamente un esempio di «intelligenza collettiva», cioè di un sistema di raccolta di scelte e preferenze individuali. Ciò che Internet ha reso possibile – e in modo effettivamente spettacolare – è un sistema completamente nuovo di raccogliere i dati che semplicemente non esisteva prima della sua invenzione e diffusione su scala mondiale. In questo senso, Internet ha forgiato un nuovo strumento di raccolta di comportamenti individuali che possono servire da fondamento per ripensare altre forme di istituzioni, la cui sopravvivenza è legata alla combinazione appropriata delle opinioni delle masse. [Pertanto, dal momento che vengono prodotte classificazioni e gerarchie di conoscenza che hanno valore collettivo, va attentatamente considerata] una serie di questioni epistemologiche:
1. perché diamo fiducia a queste classificazioni, e dobbiamo veramente farlo?
2. perché dovremmo supporre che sul Web il filtraggio collettivo delle preferenze produca dei risultati più saggi?
3. quali sono le euristiche e i vizi dei sistemi di raccolta d’informazioni sul Web di cui le persone dovrebbero essere coscienti? (G. Origgi, “La reputazione. Chi dice che cosa di chi”, Università Bocconi Editore)
Una piena ed efficace responsabilità epistemica nei confronti dei meccanismi di aggregazione delle scelte e dei comportamenti individuali resi possibili da internet e dal web è quindi possibile solo se se ne condividono e conoscono modalità e – conseguenti – implicazioni e distorsioni.