Gallino è netto:
Il rafforzamento di varie forme di protezione della proprietà intellettuale (PPI), generata congiuntamente dalla commercializzazione della scienza, da opzioni politiche conservatrici, e da una cultura giuridica in ritardo dinanzi all’evoluzione della scienza e della tecnologia, genera mostri. Tra di essi si colloca l’impossibilità di accedere a conoscenze scientifiche depositate in banche dati, privatamente gestite, da parte degli stessi ricercatori che in precedenza le avevano prodotte grazie a fondi pubblici, come quelli su cui si reggono le università statali. Né mancano gli ostacoli di tipo tecnologico-informativo. Se una ricercatrice chiede al web informazioni concernenti un processo biochimico relativo ai seco carotenoidi, e questo le propone in 0,10 secondi 12000 riferimenti alla letteratura del ramo, una simile alluvione informativa risulta, nella prassi della ricerca, pressoché equivalente all’assenza di informazione. Quando capitano simili casi, oggi comuni, diventa infatti impossibile consultare, vagliare criticamente, organizzare in ordine di rilevanza, la massa a-strutturata di dati che le tecnologie della comunicazione mettono a disposizione. (L. Gallino, “Tecnologie e democrazia. Conoscenze tecniche e scientifiche come beni pubblici”, Einaudi)