Potere tecnico come impoteramento mutualistico?

Milani è illuminante:

Le reti sono intrinsecamente strutture gerarchiche? Implicano una distribuzione asimmetrica del potere, che determina rapporti di supremazia e subordinazione reciproci, cioè organizzazioni di tipo piramidale orientate allo sfruttamento tramite l’instaurazione del dominio? Oppure sono strutture di per sé libertarie, orientate al libero usufrutto tramite pratiche libertarie, pervertite da approfittatori senza scrupoli? La domanda non è banale come potrebbe sembrare e la risposta è complessa. (…) il [suo] presupposto principale è l’essenzialismo e la convinzione che esistano elementi indipendenti, astratti e teorici, che si incarnano in una situazione concreta. La legittimità delle domande sulla natura intrinseca della rete si fonda su un presupposto filosofico non detto. Questo tacito postulato è una sorta di platonismo idealistico per cui esisterebbero delle entità astratte (nodi, archi), dotate di alcune proprietà essenziali (formalizzabili persino in termini matematici!), che nelle loro incarnazioni manifestano tali proprietà in maniera differente, anzi opposta! Così alcune reti sarebbero buone e altre cattive in base all’uso che ne viene fatto dagli umani; alcune reti sarebbero fonte di emancipazione e liberazione, altre di sottomissione, assoggettamento, dominio. Addirittura, una stessa rete potrebbe essere usata in maniera buona e giusta oppure cattiva e sbagliata. Questo vorrebbe dire che gli elementi costitutivi della rete sono in definitiva supporti neutri per azioni, reazioni e organizzazioni del tutto antagoniste fra loro; gli stessi elementi tecnici, usati in maniera differente dagli umani, sarebbero portatori di libertà e uguaglianza, invece che di dominio. Riconosciamo facilmente in questa posizione una concezione antropologica della tecnologia [secondo cui] l’essere umano usa l’essere tecnico, ne cambia a piacimento il segno, da negativo a positivo e viceversa; le qualità dell’essere tecnico vengono obliterate, dimenticate al punto che non è rilevante conoscerle. Importa solo conoscere e valutare intenzioni, capacità e caratteristiche degli umani utenti delle tecnologie. Il potere tecnico funziona però in maniera diversa. Come ogni potere è una questione relazionale, non prevede l’esistenza assolutamente indipendente di elementi astratti, ma la concreta, vibrante, evolutiva e materiale interdipendenza di esseri viventi (individui, cioè associazioni autogestite di cellule) ed esseri tecnici (organizzazioni di componenti, perlopiù eterogestite). Accantoniamo la prospettiva essenzialista per assumere questa prospettiva relazionale e relativista. Ora le domande possono essere formulate in maniera del tutto diversa. Possono esistere tecnologie conviviali? In maniera più completa: data l’esistenza di reti più o meno complesse (dalle reti fognarie alla rete di Internet), parzialmente connesse e sovrapposte (la rete ferroviaria e la rete elettrica, ad esempio), composte di esseri umani, esseri tecnici e norme che regolano l’interazione fra di essi, esistono pratiche conviviali, suscettibili di promuovere una redistribuzione e diffusione del potere, in termini di capacità di intervenire nella definizione e applicazione delle norme sociali, cioè di produzione delle reti stesse? Esistono esperienze, metodi, ricette, ingredienti, attitudini che favoriscono l’instaurarsi di rapporti di libera associazione e collaborazione, capaci di diffondere modalità di usufrutto ampio e condiviso delle risorse, cioè organizzazioni di tipo libertario, orientate all’emancipazione e alla liberazione degli esseri umani, e di tutti gli altri esseri, viventi e non? (C. Milani – Tecnologie conviviali)

Va ricordato che nella visione di Milani, il potere consiste nella possibilità di determinare norme.