Manovich prospetta la possibilità di utilizzare l’Intelligenza Artificiale per misurare la diversità estetica nella cultura contemporanea. Per fare ciò, infatti, si possono analizzare enormi campioni di dati provenienti dai social network e da altri siti web. I dati raccolti possono quindi essereutilizzati per sviluppare criteri quantitativi, utili per descrivere alcuni aspetti della cultura, come le strutture di condivisione dei social network o l’originalità delle immagini create dagli utenti. L’idea è quella di creare misure di diversità estetica per i diversi media e ambiti culturali, dalla moda al design d’interni, dal cinema alla musica. Il che consentirebbe di guardare alla cultura contemporanea in modo nuovo e di fornire nuovi concetti per pensare alla cultura digitale globale. Queste misure dovrebbero essere in grado di distinguere tra diversi tipi di diversità, come la diversità di contenuti o la diversità delle scelte degli utenti. L’autore sottolinea l’importanza di distinguere tra diversità globale e locale e tra misurazione oggettiva e soggettiva. Questo perché esempio, un sufficiente numero di elementi ricorrenti su scala globale potrebbe far apparire molto omogenee le molteplici culture locali, se comparate tra loro sulla base di un range completo di scelte disponibili globalmente. Tuttavia, zoomando su di esse, si potrebbe scoprire che in realtà sono molto differenti l’una dall’altra, se analizzate singolarmente. Inoltre, la percezione della diversità può essere influenzata dalle tradizioni e dalle convenzioni locali, che determinano se alcuni articoli o scelte sono percepiti come radicali o no nell’aggregato culturale di riferimento. (Fonte: L. Manovich, “L’ estetica dell’intelligenza artificiale. Modelli digitali e analitica culturale” – Parafrasi del testo originale in collaborazione con ChatGPT)