Non è (ancora) un dispositivo per vecchi

Urru argomenta:

(…) l’acquisizione delle competenze digitali è una parte integrante – e fondamentale- del piano di apprendimento continuo e rafforzamento della formazione [degli anziani]. La tecnologia da un lato può semplificare la vita, dall’altro può escludere ampie fasce di popolazione, specie quelle più mature. Basta pensare alla digitalizzazione dei servizi forniti da imprese o amministrazioni pubbliche. Sebbene l’adeguamento digitale sia imprescindibile spesso finisce con l’essere espulsivo piuttosto che inclusivo. Un esempio tra tutti: i servizi bancari punto sono così mutate che l’utente anziano tra messaggi preregistrati, app a doppia autenticazione, menu telefonici poco chiari, procedure digitali complesse, rischia di perdere il diritto di gestire in modo autonomo i propri risparmi. Non si tratta di una situazione generalizzata: c’è chi sperimenta da tempo sistemi ibridi. Pertanto, accanto allo sportello digitale, continua a esserci il consulente che affianca il cliente quando necessario. Nell’Unione Europea il divario digitale tra le generazioni è significativo, crea distanza e isolamento. Inoltre, tende ad aumentare con l’età, come ha dichiarato l’Agenzia Europea per i Diritti Umani e come hanno dimostrato qualche tempo fa i dati rilevati per la conferenza internazionale Rafforzare i diritti delle persone anziane in tempi di digitalizzazione – lezioni apprese da COVID-19. Tra la popolazione anziana l’impiego della rete risultava cresciuto, ma solo il 10% del totale degli utenti aveva un’età tra i 65 e i 74 anni e il 2% più di 75. Il divario rispetto alle generazioni più giovani risultava ancora più evidente nell’accesso ai servizi come home banking o gli acquisti online. Questi erano effettuati occasionalmente dal 46% degli over 75 contro l’81% dei giovani. Per il consiglio dell’unione europea l’uso delle tecnologie digitali è certamente un diritto, motivo per cui verso la fine del 2020 ha approvato un’importante Conclusione (…) Come sostiene Derrick de Kerkchove, sociologo ed esperto di nuovi media, in un mondo sempre più tecnologico lo spazio di azione tende ad assottigliarsi per chi “non sta al passo” c. L’esclusione di molti anziani non è legata alla tecnologia in quanto tale, bensì alla sua velocità di diffusione, alle grandi trasformazioni innescate nella società dell’informazione. Dotarli della capacità di accedere ad Internet vuol dire mettere a loro disposizione un modus operandi indispensabile per superare disuguaglianze, organizzare relazioni sociali e rapporti familiari. Il diritto diffuso ad accedere alla rete renderebbe effettivo il principio di uguaglianza espresso nell’articolo 3 della Costituzione italiana (…) nel 2018 [vi è stata] (…) un’altra un’altra proposta di legge, quella dell’articolo 34-bis [della Costituzione] in materia di riconoscimento del diritto sociale di accesso alla rete. Oltre all’espansione e alla tutela dei diritti il fine è (e resta) sempre quello di rimuovere le discriminazioni sociali legate al censo, sesso, disabilità fisiche, digital divide e l’analfabetismo informatico. (…) una maggiore frequentazione del web implica un conseguente incremento dell’esposizione ai suoi pericoli. Del comportamento in Rete della popolazione anziana, storicamente associata al gruppo di soggetti più vulnerabili ad attacchi informatici e truffe a causa di diverse motivazioni che vanno dalla bassa consapevolezza dei rischi alle ridotte competenze dell’impiego delle tecnologie, in realtà, non sappiamo molto. Esistono studi che dimostrano persino un approccio più cauto e attento rispetto alle generazioni più giovani. Questa visione diversa del fenomeno dimostra come non ci si trova dinanzi a una “mera” questione di frequentazione del web. Si tratta soprattutto di avere le giuste conoscenze per navigare in sicurezza. Tanto più che il livello di consapevolezza non sembra essere molto elevato anche tra i giovani. Partendo da quanto definito sull’apporto della rete all’espressione della democrazia, il bisogno di sicurezza in questo contesto rappresenta un’urgenza per le istituzioni al di là dell’età del soggetto. Oltre a necessità di lavorare per costruire una maggiore realizzazione informatica, alcuni dispositivi di legge sono stati attivati per proteggere l’utente e fare in modo che il cyberspazio non subisca una pericolosa deregulation. Il fenomeno sempre più diffuso del phishing dei dati bancari, ad esempio, ha indotto a trovare una tutela dei correntisti (anche quelli anziani) nel D.lgs n.11/2010. (…) La tutela del diritto alla connessione e la salvaguardia dai pericoli della rete non possono fare a meno di incrociare la strada della formazione(…) Ad inizio 2018 la Commissione [europea] ha presentato un primo pacchetto di misure su competenze chiave, abilità digitali e istruzione inclusiva, mentre a metà 2018 è stato varato un secondo pacchetto in cui si avverte tutta la centralità delle competenze digitali. Le competenze acquisibili tramite l’alfabetizzazione mediatica consentono a tutti, al di là dell’età, la possibilità di interagire in modo efficace con i media, di sviluppare capacità di pensiero critico e di apprendimento permanente per socializzare e diventare cittadini attivi (…) da un approccio welfare care oriented (gli anziani sono portatori di bisogni e necessitati a ricevere protezione) [si sta passando] a uno basato sui diritti e sul concetto di Invecchiamento Attivo, un elemento importante per sviluppare tecnologie capaci di consentire alle persone anziane di vivere come membri attivi della comunità. (Valerio Maria Urru, “I diritti sociali: cultura, tecnologia, reti, relazioni”, in Carlo Sangalli – Marco Trabucchi, “Età anziana: tempo di diritti e responsabilità”)