Secondo Sadin, è l’aura di eroi mitologici del progresso assoluto attribuita dalla retorica egemonica a Jobs, Gates, Zuckerberg, Musk, e ad altri attori tecno-scientifici e imprenditori, che vengono presentati come visionari, inventori, menti creative, senza alcuna menzione o alcun riferimento alla loro intenzionalità capitalistica.
Così li descrive per altro Staglianò:
“(…) mentre i comuni mortali hanno al piú idee, loro ci costruiscono sopra ideologie. Gates vuole un pc su ogni scrivania (col suo software dentro, bien entendu). Jobs va oltre: essendo strumenti di comunicazione piú che di calcolo, devono essere belli. Bezos inverte l’ordine dei fattori: piú che vendere cose (merci), è importante comprare persone (clienti) e una volta conquistate rifilargli di tutto. Zuckerberg monetizza la socialità. Musk intercetta un’emergenza, la transizione ecologica, e ci edifica sopra un’industria. I loro traguardi sembravano grandiosi, sin quando non li hanno realizzati. Per questo avventurarsi nelle loro biografie, provare a retroingegnerizzare i loro “sistemi operativi” psichici è una maniera alternativa per intendere le ragioni, non solo del successo, ma del predominio che esercitano su pezzi sempre piú cospicui del mondo in cui viviamo.