Articoli di questo tipo non servono a nulla.
Anzi, sono controproducenti.
L’egemonia del tecno-liberismo sulla conoscenza e il suo sfruttamento come merce sono da analizzare andando ben oltre la (sterile) contrapposizione tra conoscenze e competenze, tra l’altro in una scuola secondaria di secondo grado (nell’articolo “scuole superiori”!) tuttora canalizzata in modo classista (non parlo degli accessi formali, ma degli esiti sostanziali, compagn*!) nell’indifferenza di molti, tra cui quelli che: “Vabbé l’alternanza in tecnici e professionali, ma al liceo…”.
Pensare che il modello antropologico e socio-culturale di essere umano utilitarista funzionale all’economia della competizione e del saccheggio della natura-a-buon-mercato si sconfigga e si modifichi con una “buona istruzione” è non solo autoreferenziale, ma illusorio e – francamente – grottesco.
Continuare a ignorare che – alternativi ai dispositivi digitali tecno-liberisti – vi sono metodi, strumenti e usi divergenti, esplicitamente ed eticamente fondati su emancipazione delle menti e dell’agire e su relazioni cooperative e paritarie, preferendo la vanvera dei riferimenti generazionali e delle (in)capacità informatiche (sic!) degli insegnanti, è addirittura autolesionistico.
Significa precludersi studio e intelligenza critica e predisporsi ad essere travolti dalla retorica dell’efficienza e della riduzione del danno.
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