Muraca condivide le concettualizzazioni di Dip Kapoor che:
mette in discussione l’assimilazione dei movimenti sociali del Sud globale alle categorie analitiche e prasseologiche dei Nuovi Movimenti Sociali (NSMs), dei Vecchi Movimenti Sociali (OSMs), o dei Movimenti Sociali Globali (GSMs), incapaci di comprendere le loro questioni, traiettorie storiche ed esperienze specifiche. A suo avviso, l’insistenza a interpretare i movimenti del Sud come una manifestazione della “globalizzazione dal basso” è una forma di appropriazione e di colonizzazione onto-epistemica. Quindi sostiene la necessità di comprendere i movimenti del Sud nei loro termini, a partire dalle loro politiche, definizioni e finalità. In questa direzione, introduce la categoria autonoma di Movimenti Sociali Subalterni (SSMs). Inoltre, pur riconoscendo che esistono tanti caratteri quanti sono i gruppi e le situazioni subalterne, e tralasciando ogni pretesa di esaustività, individua sei dimensioni che distinguono i SSMs dai NSMs e dai OSMs:
1) Gli agenti dei SSMs sono soprattutto contadini, senza terra, Indigeni, lavoratori rurali, pescatori, pastori nomadi, Afrodiscendenti, minoranze etniche, caratterizzati da economie di sussistenza, come la produzione di cibo su bassa scala, con una impronta ecologica relativamente leggera;
2) Vittime dello spossessamento di terra, acqua, foreste, i SSMs devono confrontarsi costantemente con la colonialità del potere e lottare contro la colonizzazione dei progetti sviluppisti e globalisti;
3) I SSMs hanno basi mitico-religiose. La loro localizzazione in un certo spazio è carica di connotati sia materiali che spirituali. Per questa ragione sono frequentemente giudicati essenzialisti, tradizionalisti, etnocentrici, patriarcali e devono “lottare contro la colonizzazione culturale, religiosa e spirituale e per la possibilità di scegliere autonomamente come affrontare le divergenze, le oppressioni e le disuguaglianze interne”;
4) I SSMs e i loro agenti sono motivati ad agire, poiché soffrono direttamente le conseguenze materiali dell’ideologia dello sviluppo e della globalizzazione: la distruzione ecologica, gli spostamenti forzati dovuti, ad esempio, alla costruzione di dighe (ibidem). Questo li distingue anche dagli OSMs e dai NSMs ecologisti, che sono geograficamente distanti dai luoghi in cui gli effetti ambientali e sociali del modello di consumo attuale sono più gravi e visibili;
5) La collocazione dei SSMs fuori dalla configurazione modernista della società e della politica determina un atteggiamento ambivalente in relazione alle forme e ai meccanismi della cittadinanza nazionale (ibidem). Dai margini, questi movimenti esercitano un’azione critica, di resistenza e pressione rispetto al comportamento dello Stato, del mercato e della società civile;
6) Le finalità e le strategie politiche dei SSMs sono peculiari:
a) gli SSMs usano un complesso spettro di lotte contro la colonizzazione capitalista materiale e culturale, che possono variare da una completa secessione/indipendenza a diverse forme di autodeterminazione, basate ad esempio sul plurinazionalismo o sull’utilizzo di determinate possibilità di integrazione;
b) sulla base di necessità strategiche, frequentemente i SSMs creano coalizioni politiche con movimenti di diversa natura, con organizzazioni popolari o partiti;
c) la rivendicazione intorno al territorio è sostanziale ed è presentata come lotta per i diritti umani fondamentali e per i diritti delle minoranze. Alcuni SSMs sono impegnati nella trasformazione delle relazioni di potere al centro dell’attuale progetto di sviluppo, è il caso della Via Campesina che afferma con insistenza la necessità per gli Stati di autodeterminare le proprie politiche agricole e il proprio modello di agricoltura, in modo da garantire a tutta la popolazione l’accesso al cibo come altri diritti sociali, culturali ed economici;
d) i SSMs riprendono le questioni fondamentali dibattute a livello globale, come il femminismo, l’ecologia, i diritti umani, riformulandole a partire dal proprio posizionamento culturale, economico e sociale, e generando una profonda risignificazione di questi diritti e vocabolari. (M. Muraca, “Un’etnografia collaborativa con il Movimento di Donne Contadine a Santa Catarina (Brasile)”, Mimesis Edizioni)