Benoit e Celnik sono categorici sulla necessità di scomporre e rideclinare il concetto di smartphone.
Lo smartphone non è uno strumento semplice, è un “fatto sociale totale”,(…) che trasforma l’intera società e non lascia nulla da parte. Non è un oggetto con cui vorremmo fare ciò che vogliamo, non è “neutrale” come ci viene costantemente detto. Lo smartphone – come più in generale ogni dispositivo digitale – veicola un’ideologia e condiziona la nostra vita. Lo smartphone, come il computer, è un dispositivo individuale, che ci pone da soli davanti a uno schermo, sicuramente connesso ad altre monadi tramite rete, ma chiaramente e davvero “insieme ma soli”, sempre più isolati. Ci inebria con una sensazione di controllo e padronanza, di potere, lusinga il nostro ego e, allo stesso tempo, guida costantemente il nostro comportamento, bombardandoci con segnali, notifiche, raccomandazioni e altri saggi calcoli che seguiamo obbedientemente. I dispositivi digitali trasformano il modo in cui viviamo e interagiamo con il mondo in una logica di ottimizzazione e ricerca permanente di efficienza, con l’idea di “cercare in ogni cosa il metodo assolutamente più efficace”, come annunciato dallo storico e sociologo Jacques Ellul nel suo profetico libro “La tecnica o il rischio del secolo” (…) Il digitale è, in questo senso, una rottura antropologica. Decenni di lodi unanimi del progresso tecnologico, di celebrazione dell’innovazione e del genio umano, di squalifica di qualsiasi obiezione giudicata retrograda o contraria alla storia, hanno reso difficile la critica a questa digitalizzazione. (…) Tanto più difficile poiché la tecnologia digitale è ovunque e da nessuna parte. Eppure, negli ultimi anni, la patina sembra incrinarsi e le critiche al digitale diventano sempre più udibili. Grazie all’emergenza climatica, all’esaurimento delle risorse naturali, alle ripetute crisi economiche e a un aumento senza precedenti delle disuguaglianze, entreremmo in una nuova era tecnocritica. La tecnologia digitale ha promesso di liberarci da compiti alienanti e dolorosi, ha degradato le nostre condizioni di lavoro e accelerato l’ascesa di un nuovo proletariato. L’IT avrebbe dovuto abbattere la burocrazia, ne ha creata una nuova, molto più tentacolare. Abbiamo dovuto risparmiare tempo, non ne abbiamo più, intrappolati negli schermi, chiamati costantemente a produrre dati . Il miglioramento tecnologico dovrebbe accompagnare la transizione ecologica, brilla soprattutto per la sua avidità di energia e materiali. Pensavamo che Internet avrebbe salvato la democrazia, ci rendiamo conto che abbiamo bisogno della democrazia per salvare Internet. La parola è confiscata, il dibattito pubblico più che mai polarizzato e scandaloso. La libertà, pietra angolare del progetto dei pionieri di Internet, si è rivelata alienazione ed espropriazione. (Benoit F., Celnik N., “Techno-luttes. Enquête sur ceux qui résistent à la technologie”, Seuil-Reporterre – traduzione in proprio)
Il concetto di de-puntualizzazione